Versi controversi

Domenica, 23 Agosto 2020 00:00
  

Oggi vogliamo un po’ soffermarci sulla censura, un argomento di cui non si parla molto, tuttavia sempre presente nei diversi settori della comunicazione e coinvolge diversi settori: stampa, tv, cinema, teatro e naturalmente la musica.

Viviamo in un Paese in cui la libertà di pensiero e di parola sono garantiti da una Costituzione che fissa però dei paletti alla libertà di espressione, quali l’apologia del fascismo o l’offesa al buon costume. Nel non fare l’apologia del fascismo siamo più che d’accordo, ma riguardo il buon costume bisogna dire che la sua interpretazione è sempre stata determinata da un preciso momento storico.

 

Infatti adesso siamo abituati ad ascoltare, in ambito musicale, canzoni ammiccanti e a volgarità esplicite, mentre fino a pochi anni fa venivano censurati testi che contenevano velate allusioni carnali, ma nulla a che vedere con gli standard attuali.

E senza citare le censure di epoca fascista, che miravano soprattutto a salvaguardare il regime, c’è da dire che quelle effettuate nel Dopoguerra oggi fanno sorridere perché la nostra società ci ha abituato a ben altro.

 

Sono finiti  sotto la mannaia molti versi di canzoni famose e sarebbe noioso farne l’elenco, perciò ci soffermeremo solo su alcune censure famose.

Quando una canzone era marchiata dalla lettera scarlatta si poteva diffondere solo tramite dischi, jukebox o locali dove si eseguiva musica dal vivo. Questo è il caso del brano “La pansé” che forse la censura contribuì a rendere famoso.

 

Stessa sorte capitò alla famosissima “Resta cu’mme” scritta da Domenico Modugno, perché la frase incriminata – “nun me ‘mporta e chi t’avutata”- in un’Italia bigotta era inammissibile un’affermazione del genere.

Nel 1968 venne censurata “Dio è morto” di Francesco Guccini, a causa del titolo ritenuto eversivo.

Chi decise il diniego di trasmettere questo brano, evidentemente, non aveva fatto attenzione al messaggio di speranza lanciato dall’autore: “Se Dio muore è per tre giorni e poi risorge/ In ciò che noi crediamo Dio è risorto”. E infatti la canzone fu sdoganata da Radio Vaticana.

Anche un poeta come Lucio Dalla fu oggetto di attenzioni con la sua “4 marzo 1943”. L’autore fu costretto a cambiare il sostantivo “puttane” con la “gente del porto” altrimenti gli sarebbe stata negata la partecipazione alla Kermesse di Sanremo.

 

La musica, è proprio il caso di dire, cambiò con l’avvento delle radio libere che cominciarono a trasmettere di tutto e di più. Ma questa è un’altra storia.  

 

La foto è stata presa da Unsplash

 

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