Il tema del reddito di cittadinanza è tornato molto in voga in occasione dell’ultima campagna elettorale come misura di sostegno alle famiglie con reddito più basso. Il reddito di cittadinanza, che dovrebbe riguardare 9 milioni di italiani, è un sussidio consistente in una prestazione economica mensile, esentasse, accreditata a favore di coloro che possiedono un reddito sotto la soglia di povertà. Il reddito di cittadinanza fu proposto per la prima volta nel 1797 e in origine comprendeva un reddito per tutti senza considerare motivi economico-sociali. Il tratto comune a molti modelli di reddito di cittadinanza elaborati in passato è stato, infatti, l’erogazione del reddito in modo incondizionato a tutti, su base individuale. In Italia, invece, il reddito di cittadinanza è stato introdotto con il decreto legge del 28 gennaio 2019 come misura di contrasto alla povertà e sostegno economico finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale. L’ultima legge di bilancio del 2022 ha poi apportato delle modifiche. Oltre ad essere stato rifinanziato con 8,8 miliardi di euro fino al 2029, le misure contengono importanti revisioni relative alla concessione, alla riduzione e al decadimento della misura di assistenza. Inoltre, è stato istituito l’obbligo alla partecipazione mensile ad attività e colloqui in presenza presso i centri di impegno.
In Italia ci sono 1,9 milioni di famiglie e 5,6 milioni di individui che vivono in una condizione di povertà assoluta. Il reddito di cittadinanza, nel tempo, si è proposto gli obiettivi di sostenere economicamente le famiglie e favorire la ricerca di un lavoro ma, soprattutto il secondo proposito, non sembra essere stato raggiunto. È evidente dunque che qualcosa non ha funzionato. Secondo molti i criteri d’accesso sono troppo severi penalizzando alcune categorie come le famiglie numerose e con minorenni e gli stranieri. Si critica anche la rigidità della soglia fissa del patrimonio mobiliare e immobiliare. Inoltre non ha contribuito a far trovare lavoro ma anzi secondo molti disincentiva la ricerca. Molti esperti consigliano però delle idee per migliorare il funzionamento del reddito di cittadinanza. Per esempio, propongono di ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza in Italia degli stranieri per poter accedere alla misura e di ridurre la discriminazione verso le famiglie più numerose. Infine, propongono di aumentare la parte di sussidio a integrazione dello stipendio di un percettore che trova lavoro.
Ovviamente, ogni politico ha un’idea differente riguardo il reddito di cittadinanza in questo momento. Giorgia Meloni si propone di abolirlo e tutelare solo chi è privo di reddito e non può lavorare. Silvio Berlusconi crede che serva modificarlo in una politica di sostegno all’occupazione e trasformazione in una misura di sussistenza specifica. Matteo Salvini vuole modificarlo per trasformarlo in un ammortizzatore sociale finalizzato alla formazione e inserimento lavorativo. Enrico Letta è si propone di modificarlo seguendo le indicazioni del Ministero del lavoro a partire dalla penalizzazione delle famiglie numerose e con minori. Giuseppe Conte vuole rafforzarlo e rendere più efficace il sistema di ricerca del lavoro eliminando le frodi e infine Carlo Calenda vuole toglierlo dopo il primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua e dopo i due anni ridurre l’assegno di un terzo facendo passare il beneficiario in carica ai servizi sociali. Nonostante le diverse idee politiche riguardo il riformare, abolire o rafforzare il reddito di cittadinanza, è evidente che tutti sono d’accordo sul fatto chi attualmente questo non abbia raggiunto gli obiettivi inizialmente prefissati e che dunque debba essere almeno rivisitato.