Sulla rete, durante l’epoca Covid, i maggior servizi di musica streaming, come “Amazon Music Unlimited” e “Apple Music,” hanno offerto, ai propri abbonati, un servizio di audio non compresso e finalmente con una qualità lossless su tutto il loro catalogo. Sottoscrivendo un abbonamento, con quota non superiore agli 11 euro al mese, si può ascoltare un repertorio di canzoni con la stessa qualità di un CD audio.
Un prezzo giudicato accettabile sia dalla maggior parte degli internauti sia da quella delle major e dagli editori per le royalties, ma non dalla maggior parte degli artisti che vedono nell’usufruire della musica, senza supporto fisico, venir meno i loro guadagni.
Ci vorrà del tempo per capire e accettare questa rivoluzione copernicana, d’altro canto ogni cambiamento ha bisogno di un periodo di assestamento così come è accaduto per la fruizione della musica liquida che ha superato pian piano l’ascolto del ben amato CD.
Anche Spotify si appresta a garantire -finalmente - ai suoi utenti una qualità non plus ultra. Ad una bella notizia, però, se ne affianca una non molto gradita in quanto i rumours annunciano un aumento del canone che passerebbe dai classici 10/11 Euro ai 19,90. Tuttavia, dalle parti di Stoccolma, i manager della azienda svedese sono sicuri del successo delle nuove sottoscrizioni specialmente da parte degli audiofili.
Da un paio di anni si è vociferato, sulla rete, di un piano Spotify HiFi che avrebbe permesso l’ascolto di musica con qualità lossless: servizio mai entrato in funzione perché ancora in fase di test. Oggi invece i beta testers hanno confermato che sui loro dispositivi è apparso il logo e le caratteristiche del nuovo piano Spotify SuperPremium che oltre a garantire un audio a 24 bit, includerà anche 30 ore di ascolto di audiolibri vari, playlist generate dall’intelligenza artificiale, un avanzato strumento di mixaggio e un’oscura Sound Capsule di cui, attualmente, non si ha nessun dettaglio.
Certamente nuove funzioni, ma un prezzo così lontano dalle possibilità pecuniarie dei giovani ci lascia perplessi. Dopo tutto la musica in streaming è nata per abbattere i download illegali, quelli fatti con Emule e Torrent, così con un costo alla portata di tutti, gli utenti hanno potuto ampliare i propri orizzonti e conoscere meglio generi musicali o artisti lontani dalla propria confort zone.
Tutto bello? Assolutamente no, poiché temiamo che gli altri competitors possano fare cartello piuttosto che concorrenza tra di loro. Ci auguriamo solo che gli utenti finali non siano indotti, per il caro prezzo, nella tentazione di scaricare musica illegalmente poiché molti album non sono presenti sulle piattaforme di streaming.
Ma questa non è l’unica causa del download selvaggio: il prezzo dei dischi fisici è diventato proibitivo a causa di una filiera ingorda che comprende artisti, produttori, managers ed editori che più mangiano e più vogliono mangiare.
Gli analisti del reparto commerciale agiscono furbamente perché sanno che i pezzi ascoltati tramite le casse di un computer o nelle cuffiette rappresentano la colonna sonora delle giornate di molti, una colonna sonora diventata ormai irrinunciabile, e sebbene sia comprensibile un aumento di prezzo che è anche lecito per chi vive di questo lavoro, bisogna fare attenzione. Non si può tirare troppo la corda in un momento in cui l’inflazione galoppa e gli stipendi sono fermi da più di vent’anni.
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