Il 12 aprile 2024 è stato dato alle stampe il nuovo Long Play di Mark Knopfler, One deep river, che ha segnato il suo ritorno sulla scena musicale, dopo la pausa artistica presa dal musicista britannico durante la pandemia.

Sappiamo che durante questo periodo si è concentrato sulla scrittura musicale piuttosto che sulla tecnica chitarristica. Infatti in una recentissima intervista, al magazine “Guitarist”, ha dichiarato che come musicista si sente arrugginito, ma conta di colmare il gap con un po' di pratica.

L’ex frontman dei Dire Straits non ha per nulla intenzione di ritirarsi o di appendere il plettro a chiodo, come molti pensavano, e infatti il nuovo disco ne è una chiara dimostrazione.

One deep river contiene 12 traccie. Chi già ha avuto modo di ascoltarlo in anteprima lo ha descritto come un album pieno di liriche poetiche accompagnate da quel modo di suonare che ha reso Knopfler uno dei più importanti chitarristi degli anni ’80 - ’90.

In un’epoca in cui la musica viene perlopiù campionata sembra un “ritorno al futuro”. Bisogna ringraziare i vecchi guitar heroes che ci ricordano come venga suonata la vera  musica e come sia ancora possibile tirare fuori dal cilindro nuove melodie dai “soliti accordi” dalle solite influenze Rock e Blues.

Grazie a una nota di stampa sappiamo che One Deep River è stato prodotto da Mark Knopfler assieme al polistrumentista Guy Fletcher, con il quale ha iniziato a collaborare dal 1996. Inoltre, è stato registrato nei British Grove Studios di Londra. Come di consueto, l’album è disponibile in diversi formati: su CD, 2CD deluxe, doppio LP nero e colorato e in un box limited edition che include 5 tracce bonus su CD e 4 su vinile, una litografia di Mark assieme alle chitarre suonate nel disco, un set di plettri e un distintivo smaltato.

Ad accompagnare l’ex voce di “Sultans of swing” sono i musicisti Jim Cox e il coproduttore Guy Fletcher alle tastiere, Glenn Worf al basso, Ian Thomas alla batteria e Danny Cummings alle percussioni, Richard Bennett alla chitarra e Greg Leisz alla pedaliera e alla lap steel.

Altri musicisti sono: Mike McGoldrick che ha suonato flauto e la cornamusa, John McCusker il violino, e i cori sono stati affidati alle sorelle Emma e Tamsin Topolski.

 

Standard Album Tracklist

Two Pairs Of Hands
Ahead Of The Game
Smart Money
Scavengers Yard
Black Tie Jobs
Tunnel 13
Janine
Watch Me Gone
Sweeter Than The Rain
Before My Train Comes
This One’s Not Going To End Well
One Deep River

Bonus Vinyl Tracklist (in boxset):

Dolly Shop Man
Your Leading Man
Wrong’un
Chess

Bonus CD Tracklist (in boxset):

The Living End
Fat Chance Dupree
Along A Foreign Coast
What I’m Gonna Need
Nothing But Rain

Mercoledì 17 aprile, ore 18.30, presso l'associazione ManiTese di Napoli si terrà un incontro con il costituzionalista prof. Enrico Cuccodoro. Sarà l'occasione per discutere della lezione civile e morale di Sandro e Carla Pertini, del valore della Costruzione e del dibattito intorno a discusse proposte di modifica su premierato e autonomia differenziata, della centralità per la cultura e del ruolo dei giovani.

 

Interverranno all'incontro: Francesco Miragliuolo per "ManiTese", il Presidente del Forum dei Giovani di Napoli Marco Cavaliere e il Segretario Nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana Marco Spina.

 

Saranno fatti riferimenti ai saggi curati dal prof Cuccodoro e ci saranno anche i saluti del Presidente della Repubblica, del Presidente e del vicepresidente della Corte costituzionale e del presidente ANCRI, associazione decorati al merito della Repubblica Italiana.

 

Si vive davvero in una strana epoca, in un’epoca in cui anche la persona più lucida è abbagliata dal fatto che l’Occidente sia il Paese del Bengodi, un luogo dove si può avere tutto e subito. Il mondo in cui la “santa democrazia” difende tutti quei diritti naturali, compreso quello di pensiero, che in altri posti è difficile, se non impossibile, esercitare.

Tuttavia la civiltà odierna del politically correct limita fortemente questa facoltà degli uomini tanto che molti scrittori, comici, cantanti o artisti si autocensurano per non finire nell’occhio di un ciclone che non vuole che si usino linguaggi volti a offendere verbalmente una determinata categoria di persone.

 

Quando non accade ciò, ci pensa la legge a uniformare il pensiero del buon costume, esattamente come affermavano i latini con il detto Quieta non muovere et mota quietare (letteralmente:non agitare ciò che è calmo, ma calma piuttosto ciò che è agitato).

Non è un caso che la notizia di questi giorni è che il Governo attuale stia lavorando a una legge, voluta fortemente da Cristiana Capotondi, Anna Foglietta e Paola Cortellesi, per mettere una stretta sui testi violenti e misogini, di canzoni rap e trap ascoltate da migliaia di giovani.

 

Ed è proprio il Sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi a confermare l’iniziativa a mezzo stampa, dicendo che il Governo Meloni vorrebbe dialogare con le Major del settore e con aziende come Spotify per limitare la diffusione di questo tipo di musica.

I buon pensanti non parleranno mai di censura tout cour, ma piuttosto di un modo per indirizzare gli ascoltatori verso una cultura del peace and love ben vista a sinistra e adesso anche a destra, che vuole essere il punto di riferimento di questa nuova società.

Ma la memoria corta non cancella il fatto che i testi violenti o sessisti o che esaltano l’uso di sostanze stupefacenti son sempre esistiti.

Limitiamoci a qualche esempio famoso.

 

Nel bellissimo blues Hey Joe, portato al successo dal nientepopodimeno Jimi Hendrix si parla a tutti gli effetti di un femminicidio premeditato. Infatti i versi della canzone parlano di una persona che presto ucciderà la propria donna con una pistola perché lei lo ha tradito.

L’insospettabile Eric Clapton ha glorificato la cocaina in una sua hit dal titolo omonimo, in cui dice che questa droga è l’unica cosa che rende liberi e che non mente a chi l’assume.

Addirittura in Money for Nothing, dei Dire Straits si sfocia nell’omofobia e nel razzismo più becero visto che nel testo si dal “faggot” a una persona con il trucco e con l’orecchino e si insultano gli hawaiani

che suonano i bonghi come gli scimpanzé.

Anche Sir Elton John è caduto nel razzismo con la sua Island Girl in cui si racconta la storia di “una donna giamaicana nera come il carbone” che scappa dalla sua isola per fare la prostituta a Manhattan.

L’elenco potrebbe continuare all’infinito, ma non ci sembra che chi ascolta particolari canzoni o vede certi anime giapponesi o che gioca a Counter strike sia diventato un pervertito o un violento.

Il problema risiede altrove, non certamente non certamente nella visione di un film o nell’ascolto di una canzone sopra le righe .

Il cortocircuito consiste nel fatto che nessuno ha la bacchetta magica per evitare che si vada sempre più verso una società priva di valori e di contraddizioni e la soluzione non può essere trovata nella ricerca permanente della caccia alle streghe o dei cattivi maestri.

 

 

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La Divina Commedia di Go Nagai

Marzo 13

 

 

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Cosa hanno in comune Goldrake e la Divina Commedia?

Forse non tutti sanno che tra i celebri robottoni nipponici e la sublime opera

italica c’è un filo conduttore.

Fu il primissimo anime giapponese trasmesso in Italia nel 1978 e da quel momento in poi scoppiò la Mechamania, infatti presero piede nella cultura occidentale gli androidi giapponesi quali Il Grande Mazinga, Mazinga Z, Jeeg Robot, Gundam, Daitarn III e tanti altri.

Dietro questi anime si nasconde il geniale Go Nagai ma dietro di lui si nasconde ancora Dante Alighieri. Com’è possibile vi chiederete voi, bene, il giovane ragazzino Kiyoshi Nagai più conosciuto come GO, lesse la divina commedia illustrata da Gustave Dorè. Inutile dire che ne rimase affascinato e nel 1971 rese il suo primo omaggio ad Alighieri, pubblicando la sua opera prima manga intitolato Mao Dante. La storia narra di un ragazzo che soffre di incubi notturni  i quali lo portano ad incarnarsi in un demone il cui nome è Mao Dante e che alla fine della fiera è la reincarnazione del sommo poeta in persona. Il riscontro mediatico non fu di gran successo perciò nel1972 Go Nagai ripetè l’esperimento ma stavolta si ispirò al Lucifero della Divina Commedia e 

ne venne fuori uno dei personaggi più eccezioni delle storia dei fumetti. Signor e signori era appena nato Devilman che riscosse un successo enorme a livello globale. Spinto da quest’onda creativa Go Nagai diede sfogo alla sua espressione e nacquero cosi i robot che hanno accompagnato la nostra infanzia e ognuno di questi anime ha nelle varie puntate numerosissimi riferimenti a Dante tant’è vero che i villani di Mazinga sono creature demoniache guidate dal dottor Inferno.

 

 

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Nel 1994  arrivò l’ ennesimo esplicito omaggio ad Alighieri con la pubblicazione di un adattamento della Divina Commedia illustrata proprio da Go Nagai il quale ispirandosi alle illustrazioni di

Gustave Dorè trasformò il capolavoro della letteratura italiana in un capolavoro manga, riuscendo a fondere la ricchezza culturale e aulica della letteratura classica italiana con il canone energico e vivace giapponese conquistando cosi un pubblico più moderno. Il risultato è l’unione della potenza dei versi italiani con i  fantastici disegni di Nagai  i quali generano un impatto travolgente nel lettore.

 

Le tavole ovviamente seguono lo stile del mangaka con un’ accuratezza pari quasi al 100%,  se non si tiene conto del fatto che mancano le allegorie, Virgilio ritrova nel purgatorio e la storia di Ulisse è assente. Certo è che la divina commedia a fumetti potrebbe essere un incentivo ad applicarsi se per caso la si sta studiando in questo momento.

 

 

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Grave lutto nel mondo degli anime si è spento Akira Toriyama. Il papà di Arale e Goku è morto una settimana fa all’età di 68 anni a causa di un ematoma subdurale. La notizia del decesso avvenuta il primo marzo, è però stata diffusa solo stamane sui social media della casa editrice e dello studio di produzione. Il manga “Dragon Ball” ha debuttato nel 1984, su junior tv passato poi su Italia 1 ed era un appuntamento fisso dopo pranzo per adulti e bambini.

Il successo globale del manga e del cartone animato ha prodotto una vastissima gamma di film d’animazione, live action, colonne sonore, videogiochi e prodotti di merchandising.

La saga delle avventure di Kakarot ha venduto oltre 260 milioni di copie in tutto il mondo, diventando il manga più popolare di sempre. L’ editore Shueisha ha dichiarato sul suo sito web: “È con grande tristezza che annunciamo la scomparsa di Toriyama. Sappiamo che aveva ancora diversi progetti in corso con il solito entusiasmo”.

 

Toriyama è uno dei fumettisti più amati di sempre, non solo in Giappone. Al pari di Go Nagai i suoi capolavori hanno riscosso  un successo globale come pochi altri nel panorama dei manga, sicuramente per l’ ironia che caratterizza i personaggi, irridendo a volte i tratti della cultura nipponica. Esempio lampante il maestro delle tartarughe che non nasconde difetti e debolezze dell’ essere umano. I protagonisti, descritti come strambi, mangioni e strani, hanno conquistato nel tempo il resto del mondo.Toriyama iniziò a disegnare sin da piccolo. Dopo aver visto la Carica dei 101, il film Disney suscitò in lui l’ispirazione delle figure rotonde e minute, in controtendenza rispetto agli altri manga shonen. Una delle particolarità dei suoi lavori era quella di disegnare le persone che gli erano vicine: moglie, colleghi, ma soprattutto l’ editore Kazuhiko Torishima che Akira continuamente prendeva in giro per la sua passione nei confronti delle belle ragazze. 

 

 

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Nato nella prefettura di Aichi, nel Giappone centrale,  Toriyama iniziò la sua carriera nel 1978, ottenendo fin da subito un gran successo con “Dr. Slump“, pubblicato sul settimanale Shukan Shonen Jump nel 1980. Il manga, da cui nacquero poi due serie animate, racconta la storia di un inventore stramboide, amante dell’ universo femminile, che crea Arale, una bambina robot  la vera protagonista della serie.Simpatica, scanzonata, miope, Arale è dotata di una grande forza fisica, è una combinaguai e vive in un villaggio caratterizzato da buffi animali e caricature di personaggi fantascientifici, provenienti direttamente da film come Godzilla, Star Wars e Star Trek.

 

 

L’ opera gli valse il Premio Shogakukan per il miglior manga Shonen, onorificenza prestigiosissima in Giappone. Premio che generalmente viene assegnato a fumetti rivolti al pubblico maschile.

 

Questo il messaggio del canale twitter ufficiale di Dragon Ball." Il funerale si terrà in forma privata, alla presenza di parenti ed amici, la famiglia chiede anche di rispettare la loro privacy durante questo momento così delicato”

 

 

 

 

 

 

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Il 04 marzo 2024 la Francia attua un cambiamento storico diventando il primo paese al mondo ad introdurre il diritto di interruzione di gravidanza nella Costituzione. Il Parlamento, riunito in seduta comune a Versailles, ha approvato la misura voluta da Emmanuel Macron che aveva fatto partire l’iter dopo le sentenze che restringevano il diritto all’aborto negli USA. La Francia è diventata così il primo paese al mondo ad inserire tale diritto nella Costituzione con 780 voti a favore e 72 contro. Un lungo applauso ha accolto l’approvazione definitiva al disegno di legge e ad annunciare l’esito della votazione è stata Yaël Braun-Pivet, presidentessa dell’assemblea nazionale e prima donna a guidare una riunione congiunta delle due camere. Dopo la votazione, sulla Torre Eiffel è apparsa la scritta “Mon Corps, Mon Choix” ossia il mio corpo la mia scelta; al di sotto della Torre, invece, sono accorsi tantissimi francesi esultanti per la notizia. Macron, in seguito, ha commentato su X: “Fierezza francese, messaggio universale” e ha invitato i cittadini a riunirsi in occasione dell’8 Marzo per celebrare la nuova libertà garantita nella costituzione con la prima cerimonia di sigillatura aperta al pubblico dinanzi al ministero della giustizia.

 

Questa misura di legge, secondo il primo ministro francese Gabriel Attal, pone la Francia all’avanguardia del progresso. Sicuramente è una decisione storica per i diritti riproduttivi e la libertà femminile perché nel testo legislativo più importante dello Stato è ora tutelata ufficialmente la libertà delle donne di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. La decisione della Francia, in realtà, è rivoluzionaria anche perché l’aborto continua a essere un argomento molto divisivo e anche per raggiungere un’intesa sull’aggiunta dell’Igv in Costituzione si è dovuti scendere a compromessi. Inizialmente, infatti, si è cercato di introdurre il diritto all’aborto come fondamentale ma, per ottenere l’approvazione dei parlamentari più conservatori, il testo è stato modificato lasciando la possibilità ad un governo futuro di limitarne la modalità di accesso. Nonostante ciò, il testo rappresenta una conquista importante per il genere femminile soprattutto perché in molti paesi europei, negli ultimi anni, l’interruzione volontaria di gravidanza è stata considerata a rischio, anche l’Italia è tra questi.

 

In Italia l’aborto è tutelato dalla legge 194/1978 ma questo diritto viene spesso ostacolato in molti ospedali e consultori. Inoltre, nonostante il presidente del consiglio Giorgia Meloni abbia assicurato più volte che il suo governo non abolirà o modificherà la legge 194, dall’inizio della legislatura sono state presentate varie proposte di legge antiabortiste. Di recente, ha suscitato molte polemiche la proposta di legge di iniziativa popolare presentata dall’associazione “Ora et labora in difesa della vita” che prevede di introdurre l’obbligo per il personale sanitario di far ascoltare il battito cardiaco dei feti delle donne che vogliono sottoporsi all’Igv. Dopo aver depositato alla camera le 106.000 firme raccolte, il progetto di legge sarà presto discusso nelle commissioni riunite di giustizia e affari sociali.

 

Tutelare il diritto all’aborto dal punto di vista legislativo e pratico è fondamentale per garantire i diritti sessuali e riproduttivi di tutte le donne e per questo è necessario che altre istituzioni seguano l’esempio della Francia per difendere questa libertà. Il diritto ad abortire non obbliga nessuno a farlo, essendo un diritto dà semplicemente la possibilità a chi lo ritenga necessario di esercitarlo. A molti sfugge che abortire non è un dovere o un obbligo ma è una scelta e forse proprio per questo in tanti stati questo diritto non è concesso, perché un paese composto da una popolazione a cui è permesso scegliere diventa un ostacolo per chi la governa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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A Sanremo un fiume di parole!

Febbraio 16

 

L’evento canoro dell’anno, il Festival di Sanremo, non pensiate che ci perseguiti soltanto per un’intera settimana, perché i media ne parlano, in bene e in male, per lungo tempo.

Le acclamazioni per i presentatori e per la kermesse si contano a bizzeffe, tuttavia, come al solito, invece di essere solo un momento di relax, diventa anche lo spunto per interminabili polemiche che mai come quest’anno non sono state, né saranno, sterili.

 

Durante la settimana sanremese il rapper Ghali è stato sotto la lente dei riflettori, reo di aver portato un brano pacifista in un momento in cui alle porte d’Europa, in Ucraina e in Israele, ci sono delle guerre in atto, che speriamo non siano portatrici di venti di guerra mondiale.

Il cantante milanese per aver intonato “Ma, come fate a dire che qui è tutto normale/Per tracciare un confine/Con linee immaginarie bombardate un ospedale/Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane/Non c’è mai pace/Ma il prato è verde, più verde, più verde/Sempre più verde (sempre più verde)/Il cielo è blu, blu, blu…” è stato preso di mira prima dalla comunità ebraica e poi dalla dirigenza RAI. A loro dire cantare un brano “pieno di propaganda” è stato inopportuno e sconvolgente visto i fatti del 7 ottobre scorso.

Sebbene Ghali non abbia mai spiegato il significato della sua canzone, ognuno può interpretarla come vuole visto che non si fa riferimento a luoghi e a intenti precisi. Soltanto chi ha la coda di paglia si sente preso di mira perché la contestualizza in Palestina. E poco importa che in circa 4 mesi più di 100.000 palestinesi sono rimasti feriti o dispersi e che chiunque riporti questa semplice verità subisce la scure della censura. Ghali con la sua umiltà e semplicità ha ricordato che in Medio Oriente è in corso un genocidio, ma guai a farlo notare perché si rischia di passare come antisemiti.

 

Nemmeno si è mancato di puntare il dito verso il cantante partenopeo Geolier già da prima che mettesse piede sul palco perché si sapeva che avrebbe presentato un brano completamente in napoletano: “I p’ me, tu p’ te”. Tuttavia non è la prima volta che a Sanremo viene cantata una canzone in dialetto, basti pensare a tutte quelle volte che su quel palco si è esibito Nino D’Angelo, che in seguito ha raccontato di un sentimento antinapoletano da parte degli addetti ai lavori. Addirittura Gigi D’Alessio, ormai amato da tutti, ha riferito di una certa diffidenza nei suoi confronti, anche quando si è presentato sul palco con la Berté, proprio perché proveniva da una delle città più importanti del Sud.

Quelli che remano sempre contro non hanno mai visto di buon occhio il canto napoletano al Festival, e poiché a pensar male spesso ci si indovina crediamo che le critiche sono state rivolte all’interprete proprio perché proveniva dalla periferia nord di Napoli sempre nell’occhio del ciclone.

Durante la competizione canora, la denigrazione contro il rapper di Miano non è affatto cessata, raggiungendo il suo culmine con i fischi avvenuti in platea e in sala stampa e con illazioni da parte del web che ha incolpato il rapper di aver comprato i voti con i soldi della camorra.

 

La storia si ripete.

Come al solito chi viene da una periferia problematica viene subito etichettato negativamente. Ma siamo sicuri che se Geolier fosse stato di Posillipo o del Vomero ci sarebbero state le stesse polemiche?

Quello che è successo ci aiuta a riflettere su importanti aspetti sociali e non perdere tempo, come accadeva negli anni passati, sui sospetti di plagio o sui look stravaganti o su diatribe sul palco.

 

 

link all'immagine: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Festival_di_Sanremo_2024_logo.png

Dopo aver ottenuto l’approvazione dalle autorità di regolamentazione statunitensi, Elon Musk ha comunicato che Neuralink, una delle sue startup, ha impiantato il primo chip all’interno del cervello di un essere umano. Il dispositivo prende il nome di Telepathy e viene inserito nel cervello umano tramite un’operazione chirurgica abbastanza invasiva. Attualmente, è ancora sconosciuta l’identità della persona che ha ricevuto questo impianto ma Elon Musk ha annunciato che il paziente è in ripresa post-operatoria e che i risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento di picchi neuronali.

 

Il dispositivo ideato promette di rilevare, tramite dei sensori, i segnali cerebrali e di inviarli a un’interfaccia che li rielabora consentendo alla persona di utilizzare un computer attraverso il proprio pensiero. L’impianto è formato da 5 elementi: una capsula esterna realizzata in materiale biocompatibile, una batteria ricaricabile, i microchip che traducono i segnali cerebrali e li trasmettono ai dispositivi ed infine 24 fili dotati di 1024 elettrodi che vengono collegati al cervello grazie ad un robot in grado di agire con estrema precisione. Il chip, dunque, viene posto nella zona del cervello che si occupa del movimento e dovrebbe riuscire a trasformare l’attività neurale in segnali, in modo da farci usare il computer o lo smartphone e, attraverso questi, qualsiasi strumento, senza muoverci ma solo pensando di muoverci.

Ovviamente, è giusto sottolineare che questo impianto non è nato improvvisamente. Negli scorsi anni Neuralink aveva già fatto diversi test sugli animali, soprattutto sulle scimmie, e lo scorso maggio era stata autorizzata dall’agenzia statunitense che si occupa di farmaci e dispositivi medici una prima sperimentazione anche sull’uomo. Neuralink, però, non è la prima azienda che si occupa di questo; già da decenni altre aziende stanno studiando impianti per il cervello molto simili a Telepaty.

 

In ogni caso, Neurolink ha l’ambizione di migliorare le abilità umane e allo stesso tempo intervenire positivamente su disturbi neurologici come il Parkinson o la SLA. Questo chip, infatti, ha come obiettivo primario quello di fungere da dispositivo medico che aiuti le persone che hanno problematiche motorie. Le posizioni su questo tema sono contrastanti. Fino ad ora, per malattie neurologiche come quelle citate, non ci sono cure ma solo farmaci che cercano di tenere sotto controllo il decorso inevitabile della malattia dunque questo chip, se usato correttamente, potrebbe essere molto utile. Alcuni, infatti, credono che l’impiego di questa tecnologia in campo medico possa avere dei risvolti straordinari e ne individuano il vero potenziale. Chiaramente, c’è chi invece è spaventato da una tecnologia di questo genere e dal suo possibile utilizzo in altri ambiti. Un’integrazione tra uomo e macchina così potente da entrare nel nostro cervello forse è la cosa che intimorisce maggiormente anche se, molti dispositivi medici che usiamo, sono già tecnologie esterne che ci vengono impiantate e che ci permettono di vivere meglio o di sopravvivere. L’idea di un microchip nella testa, però, è molto invasiva e in effetti sono tantissimi gli aspetti etici in gioco. Chi avrà accesso a questa tecnologia? Come saranno garantite la privacy, la sicurezza, il consenso e l’autonomia dei singoli utenti? Le domande sono tante ma sicuramente prima di ogni altra cosa va testata la sicurezza di questi dispositivi.

 

 

 

 

 

 

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25 anni senza Fabrizio De André

Gennaio 21

L’ultimo grande poeta della musica italiana che ha saputo descrivere la vita degli emarginati e raccontare i vizi grotteschi di una borghesia con la puzza sotto al naso ci lasciò venticinque anni fa in fredda giornata di gennaio.

Fabrizio De André, con la sua particolare voce baritonale, mise alla berlina personaggi come medici e giudici e scavò nell’animo di prostitute, transessuali, nani, matti, malati di cuore, descritti tutti con una sagacia forte e unica che resero il cantastorie genovese un personaggio unico nel panorama della musica italiana.

 

Ben inteso, all’estero i menestrelli Bob Dylan e Leonard Cohen descrissero la monotonia delle persone comuni, ma De André riuscì ad andare al di là della semplice ballata folk, perché inserì nei suoi testi elementi di natura medievale o, come gli piaceva ricordare, provenzale.

Molti cantanti della sua stessa generazione si innamorarono dalle sonorità d’oltre oceano e da queste presero spunto per i loro brani.

Faber guardava e ascoltava quel mondo con disincanto perché non gli interessava raggiungere le vette delle hit parade seguendo la scia del momento. Influenzato da chansonnier francesi, come Brassens, di cui cantò in italiano alcuni suoi brani, imparò a guardare la realtà in modo critico e pietoso.

 

Voleva semplicemente dare voce agli ultimi e certo non immaginava che le sue liriche sarebbero entrate nei cuori della gente allora come oggi. Quando il cantautore genovese mosse i primi passi vi furono pseudointellettuali che criticarono le sue canzoni e lo accolsero tiepidamente; tuttavia De André in vita è diventato famoso e conosciuto a livello internazionale e in morte, cosa che pensiamo non avrebbe mai voluto, ha subito un processo di beatificazione anche da parte di quella stampa che inizialmente gli remò contro.

 

Musicalmente De André può definirsi rivoluzionario, infatti fu uno dei primi musicisti, almeno in Italia, a non seguire uno schema preciso, tanto che possiamo citarlo come uno dei capostipiti della World Music. Alcuni compagni di viaggio, come Franz di Cioccio, hanno sottolineato questo suo ecclettismo musicale, capace di superare barriere o generi musicali. Così i suoi brani risultano sregolati sia nella metrica sia nel ritmo.

De André difficilmente può essere catalogato in un genere musicale: rock, pop, folk… è lui il genere!

 

Questo è il personaggio, ma dal punto di vista della persona lui si considerava un uomo qualunque, né santo né predicatore, e come uomo qualunque non era esente da vizi, quali il fumo, che lo condannò a morte con un tumore ai polmoni, e le passioni che lo portarono a volare da “fiore in fiore”.

E sempre l’uomo qualunque, mentre imperversavano gli anni di piombo, per dieci anni, dal ’69 al ’79 De André fu tenuto sotto controllo dal Sisde perché sospettato di essere un simpatizzante delle brigate rosse. Si diffidava di Faber senza disporre di riscontri verosimili. L’unica colpa di questo pericoloso musicista erano i versi della “Storia di un impiegato” che trattano il tema del rapporto dell’individuo con il potere lasciando diversi spazi aperti all’interpretazione.

Soprattutto nel 1976, agli atti, c’è la relazione dell’Antiterrorismo in cui si menziona l’acquisto di un appezzamento di terreno in località Tempio Pausiana (Sassari) dove il cantante avrebbe deciso, secondo gli investigatori, di istituire una comune per extraparlamentari di sinistra. Naturalmente lì non ci fu nessuna comune, ma solo allegri convivi tra amici e il meno allegro sequestro, da parte dei banditi sardi, di Fabrizio e Dori, rilasciati dopo quattro mesi, solo a fronte di un cospicuo riscatto.

 

Oggi la sua eredità musicale è portata avanti, con amore ed entusiasmo, da suo figlio Cristiano in Italia e oltre. Noi speriamo che possa esibirsi anche a Scampia, tra i diseredati, tanto amati da suo padre, che hanno gioito per l’intitolazione dell’auditorium all’VIII municipalità a Faber e per il murales creato da Jorit, a via Labriola. 

Anche quest’anno il conduttore Amadeus ha comunicato in televisione, senza che i fortunati ne fossero stati avvisati precedentemente, i nomi dei partecipanti alla gara sanremese, kermesse che intrattiene ogni anno il pubblico italiano.

E come ogni anno, a esibirsi sul palco dell’Ariston ci saranno vari artisti italiani e internazionali che si esibiranno durante le cinque serate.

 

Il beniamino di RaiUno, dopo aver annunciato i 27 concorrenti in gara tra cui Fiorella Mannoia, Il Volo, i Negramaro e tanti altri, (elenco completo a fine articolo), ha voluto ricordare anche le variazioni al regolamento delle votazioni della gara: dalla prossima edizione voterà non solo il pubblico da casa con il Televoto, la Giuria Sala Stampa, TV e Web, ma anche la Giuria Radio.

Non abbiamo dubbi sulla regolarità della gara e del voto, perché il garante è proprio il servizio pubblico che vigila dal 1955.

 

Ma a distanza di più di 60 anni non ci viene ancora svelato il criterio con cui vengono scelte le canzoni e gli artisti. Tutto è messo nelle mani del direttore artistico che sceglie, in base alle sue conoscenze, al suo gusto e soprattutto a ciò che richiede il mercato canoro le canzoni e i cantanti.

Proprio perché non c’è mai chiarezza su queste decisioni, ogni anno partono polemiche che fanno più rumore del normalissimo Festival. Fare un elenco completo su tutti i big esclusi da Sanremo2024 sarebbe davvero una mission impossible, tuttavia alcuni casi – pochi – balzano all’occhio più di tutti.

 

Il primo è sicuramente quello dei Jalisse. Non riusciamo davvero a comprendere perché dopo aver vinto nel 1997 con “Fiumi di Parole” hanno collezionato 27 no di fila. Supponiamo che il duo composto da Fabio Ricci e da Alessandra Drusian non divenne popolarissimo forse perché all’epoca non ebbe santi in paradiso capaci di promuovere una canzone al centro di numerosissime polemiche.

 

E i santi in paradiso non li ha nemmeno Marco Carta, vincitore di Amici nel 2008 e a Sanremo 2009, rifiutato anche lui dalla competizione dell’anno prossimo. I maligni hanno sempre affermato che il cantante sardo sia stato usato come “prodotto” dell’industria discografica, come merce creata ad hoc per il pubblico di teenager che segue la trasmissione di Maria De Filippi. Una volta uscito dal binario, la voce de La forza mia, non ha mai saputo o potuto crearsi una identità forte che lo portasse fuori dal cortile in cui è stato cresciuto ed è per questo che è costantemente stato scartato da circuiti mainstream.

 

E non è un caso che Povia provi da anni a portare un brano sociale, come lui lo definisce, senza successo. Ed è stato proprio il cantante a sottolineare il fatto che il mercato l’accoglie a braccia aperte quando propone brani del tipo I bambini fanno oh, ma quando propone canzoni più impegnate, di denuncia contro un certo modo di pensare, contro il sistema, l’unica risposta che ottiene è: “ritenta, la prossima volta sarai più fortunato”.

Speriamo di essere più fortunati la prossima volta anche noi nello scoprire le modalità con cui vengono selezionati gli artisti, per adesso quello di sicuro sappiamo sono i nomi dei partecipanti e degli ospiti musicali.

 

 

 

Elenco partecipanti Festival Sanremo 2024

 

Ghali – Casa mia

Alessandra Amoroso – Fino a qui

Gazzelle – Tutto qui

Ricchi e Poveri – Ma non tutta la vita

Dargen D’Amico – Onda alta

Angelina Mango – La noia

Fred De Palma – Il cielo non ci vuole

Fiorella Mannoia – Mariposa

Loredana Bertè – Pazza

Mr.Rain – Due altalene

Geolier – I p’ me, tu p’ te

Negramaro – Ricominciamo tutto

Rose Villain – Click boom!

Mahmood – Tuta gold

Diodato – Ti muovi

Annalisa – Sinceramente

Il Volo – Capolavoro

Emma – Apnea

Francesco Renga & Nek – Pazzo di te

La Sad – Autodistruttivo

Irama – Tu no

Big Mama – La rabbia non ti basta

The Kolors – Un ragazzo una ragazza

Sangiovanni – Finiscimi

Il Tre – Fragili

Alfa – Vai!

Maninni – Spettacolare

Santi Francesi – L’amore in bocca

Clara – Diamanti grezzi

bnkr44 – Governo punk

 

link immagine: https://en.wikipedia.org/wiki/Sanremo_Music_Festival#/media/File:Sanremo0006.jpg

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