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Mark Knopfler torna con One deep river
Aprile 20
Il 12 aprile 2024 è stato dato alle stampe il nuovo Long Play di Mark Knopfler, One deep river, che ha segnato il suo ritorno sulla scena musicale, dopo la pausa artistica presa dal musicista britannico durante la pandemia. Sappiamo che durante questo periodo si è concentrato sulla scrittura musicale piuttosto che sulla tecnica chitarristica. Infatti in una recentissima intervista, al magazine “Guitarist”, ha dichiarato che come musicista si sente arrugginito, ma conta di colmare il gap con un po' di pratica. L’ex frontman dei Dire Straits non ha per nulla intenzione di ritirarsi o di appendere il plettro a chiodo, come molti pensavano, e infatti il nuovo disco ne è una chiara dimostrazione. One deep river contiene 12 traccie. Chi già ha avuto modo di ascoltarlo in anteprima lo ha descritto come un album pieno di liriche poetiche accompagnate da quel modo di suonare che ha reso Knopfler uno dei più importanti chitarristi degli anni ’80 - ’90. In un’epoca in cui la musica viene perlopiù campionata sembra un “ritorno al futuro”. Bisogna ringraziare i vecchi guitar heroes che ci ricordano come venga suonata la vera  musica e come sia ancora possibile tirare fuori dal cilindro nuove melodie dai “soliti accordi” dalle solite influenze Rock e Blues. Grazie a una nota di stampa sappiamo che One Deep River è stato prodotto da Mark Knopfler assieme al polistrumentista Guy Fletcher, con il quale ha iniziato a collaborare dal 1996. Inoltre, è stato registrato nei British Grove Studios di Londra. Come di consueto, l’album è disponibile in diversi formati: su CD, 2CD deluxe, doppio LP nero e colorato e in un box limited edition che include 5 tracce bonus su CD e 4 su vinile, una litografia di Mark assieme alle chitarre suonate nel disco, un set di plettri e un distintivo smaltato. Ad accompagnare l’ex voce di “Sultans of swing” sono i musicisti Jim Cox e il coproduttore Guy Fletcher alle tastiere, Glenn Worf al basso, Ian Thomas alla batteria e Danny Cummings alle percussioni, Richard Bennett alla chitarra e Greg Leisz alla pedaliera e alla lap steel. Altri musicisti sono: Mike McGoldrick che ha suonato flauto e la cornamusa, John McCusker il violino, e i cori sono stati affidati alle sorelle Emma e Tamsin Topolski.   Standard Album Tracklist Two Pairs Of HandsAhead Of The GameSmart MoneyScavengers YardBlack Tie JobsTunnel 13JanineWatch Me GoneSweeter Than The RainBefore My Train ComesThis One’s Not Going To End WellOne Deep River Bonus Vinyl Tracklist (in boxset): Dolly Shop ManYour Leading ManWrong’unChess Bonus CD Tracklist (in boxset): The Living EndFat Chance DupreeAlong A Foreign CoastWhat I’m Gonna NeedNothing But Rain
La lezione civile e morale di Sandro e Carla Pertini: incontro con il prof. Cuccodoro
Aprile 16
Mercoledì 17 aprile, ore 18.30, presso l'associazione ManiTese di Napoli si terrà un incontro con il costituzionalista prof. Enrico Cuccodoro. Sarà l'occasione per discutere della lezione civile e morale di Sandro e Carla Pertini, del valore della Costruzione e del dibattito intorno a discusse proposte di modifica su premierato e autonomia differenziata, della centralità per la cultura e del ruolo dei giovani.   Interverranno all'incontro: Francesco Miragliuolo per "ManiTese", il Presidente del Forum dei Giovani di Napoli Marco Cavaliere e il Segretario Nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana Marco Spina.   Saranno fatti riferimenti ai saggi curati dal prof Cuccodoro e ci saranno anche i saluti del Presidente della Repubblica, del Presidente e del vicepresidente della Corte costituzionale e del presidente ANCRI, associazione decorati al merito della Repubblica Italiana.
Quieta non muovere et mota quietare
Marzo 21
  Si vive davvero in una strana epoca, in un’epoca in cui anche la persona più lucida è abbagliata dal fatto che l’Occidente sia il Paese del Bengodi, un luogo dove si può avere tutto e subito. Il mondo in cui la “santa democrazia” difende tutti quei diritti naturali, compreso quello di pensiero, che in altri posti è difficile, se non impossibile, esercitare. Tuttavia la civiltà odierna del politically correct limita fortemente questa facoltà degli uomini tanto che molti scrittori, comici, cantanti o artisti si autocensurano per non finire nell’occhio di un ciclone che non vuole che si usino linguaggi volti a offendere verbalmente una determinata categoria di persone.   Quando non accade ciò, ci pensa la legge a uniformare il pensiero del buon costume, esattamente come affermavano i latini con il detto Quieta non muovere et mota quietare (letteralmente:non agitare ciò che è calmo, ma calma piuttosto ciò che è agitato). Non è un caso che la notizia di questi giorni è che il Governo attuale stia lavorando a una legge, voluta fortemente da Cristiana Capotondi, Anna Foglietta e Paola Cortellesi, per mettere una stretta sui testi violenti e misogini, di canzoni rap e trap ascoltate da migliaia di giovani.   Ed è proprio il Sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi a confermare l’iniziativa a mezzo stampa, dicendo che il Governo Meloni vorrebbe dialogare con le Major del settore e con aziende come Spotify per limitare la diffusione di questo tipo di musica. I buon pensanti non parleranno mai di censura tout cour, ma piuttosto di un modo per indirizzare gli ascoltatori verso una cultura del peace and love ben vista a sinistra e adesso anche a destra, che vuole essere il punto di riferimento di questa nuova società. Ma la memoria corta non cancella il fatto che i testi violenti o sessisti o che esaltano l’uso di sostanze stupefacenti son sempre esistiti. Limitiamoci a qualche esempio famoso.   Nel bellissimo blues Hey Joe, portato al successo dal nientepopodimeno Jimi Hendrix si parla a tutti gli effetti di un femminicidio premeditato. Infatti i versi della canzone parlano di una persona che presto ucciderà la propria donna con una pistola perché lei lo ha tradito. L’insospettabile Eric Clapton ha glorificato la cocaina in una sua hit dal titolo omonimo, in cui dice che questa droga è l’unica cosa che rende liberi e che non mente a chi l’assume. Addirittura in Money for Nothing, dei Dire Straits si sfocia nell’omofobia e nel razzismo più becero visto che nel testo si dal “faggot” a una persona con il trucco e con l’orecchino e si insultano gli hawaiani che suonano i bonghi come gli scimpanzé. Anche Sir Elton John è caduto nel razzismo con la sua Island Girl in cui si racconta la storia di “una donna giamaicana nera come il carbone” che scappa dalla sua isola per fare la prostituta a Manhattan. L’elenco potrebbe continuare all’infinito, ma non ci sembra che chi ascolta particolari canzoni o vede certi anime giapponesi o che gioca a Counter strike sia diventato un pervertito o un violento. Il problema risiede altrove, non certamente non certamente nella visione di un film o nell’ascolto di una canzone sopra le righe . Il cortocircuito consiste nel fatto che nessuno ha la bacchetta magica per evitare che si vada sempre più verso una società priva di valori e di contraddizioni e la soluzione non può essere trovata nella ricerca permanente della caccia alle streghe o dei cattivi maestri.     link alla foto : https://pixabay.com/it/photos/segreto-chiuso-su-shh-sotto-voce-5137229/
La Divina Commedia di Go Nagai
Marzo 13
          Cosa hanno in comune Goldrake e la Divina Commedia? Forse non tutti sanno che tra i celebri robottoni nipponici e la sublime opera italica c’è un filo conduttore. Fu il primissimo anime giapponese trasmesso in Italia nel 1978 e da quel momento in poi scoppiò la Mechamania, infatti presero piede nella cultura occidentale gli androidi giapponesi quali Il Grande Mazinga, Mazinga Z, Jeeg Robot, Gundam, Daitarn III e tanti altri. Dietro questi anime si nasconde il geniale Go Nagai ma dietro di lui si nasconde ancora Dante Alighieri. Com’è possibile vi chiederete voi, bene, il giovane ragazzino Kiyoshi Nagai più conosciuto come GO, lesse la divina commedia illustrata da Gustave Dorè. Inutile dire che ne rimase affascinato e nel 1971 rese il suo primo omaggio ad Alighieri, pubblicando la sua opera prima manga intitolato Mao Dante. La storia narra di un ragazzo che soffre di incubi notturni  i quali lo portano ad incarnarsi in un demone il cui nome è Mao Dante e che alla fine della fiera è la reincarnazione del sommo poeta in persona. Il riscontro mediatico non fu di gran successo perciò nel1972 Go Nagai ripetè l’esperimento ma stavolta si ispirò al Lucifero della Divina Commedia e  ne venne fuori uno dei personaggi più eccezioni delle storia dei fumetti. Signor e signori era appena nato Devilman che riscosse un successo enorme a livello globale. Spinto da quest’onda creativa Go Nagai diede sfogo alla sua espressione e nacquero cosi i robot che hanno accompagnato la nostra infanzia e ognuno di questi anime ha nelle varie puntate numerosissimi riferimenti a Dante tant’è vero che i villani di Mazinga sono creature demoniache guidate dal dottor Inferno.                   Nel 1994  arrivò l’ ennesimo esplicito omaggio ad Alighieri con la pubblicazione di un adattamento della Divina Commedia illustrata proprio da Go Nagai il quale ispirandosi alle illustrazioni di Gustave Dorè trasformò il capolavoro della letteratura italiana in un capolavoro manga, riuscendo a fondere la ricchezza culturale e aulica della letteratura classica italiana con il canone energico e vivace giapponese conquistando cosi un pubblico più moderno. Il risultato è l’unione della potenza dei versi italiani con i  fantastici disegni di Nagai  i quali generano un impatto travolgente nel lettore.   Le tavole ovviamente seguono lo stile del mangaka con un’ accuratezza pari quasi al 100%,  se non si tiene conto del fatto che mancano le allegorie, Virgilio ritrova nel purgatorio e la storia di Ulisse è assente. Certo è che la divina commedia a fumetti potrebbe essere un incentivo ad applicarsi se per caso la si sta studiando in questo momento.    
Il Drago Shenron non potrà più realizzare desideri
Marzo 08
          Grave lutto nel mondo degli anime si è spento Akira Toriyama. Il papà di Arale e Goku è morto una settimana fa all’età di 68 anni a causa di un ematoma subdurale. La notizia del decesso avvenuta il primo marzo, è però stata diffusa solo stamane sui social media della casa editrice e dello studio di produzione. Il manga “Dragon Ball” ha debuttato nel 1984, su junior tv passato poi su Italia 1 ed era un appuntamento fisso dopo pranzo per adulti e bambini. Il successo globale del manga e del cartone animato ha prodotto una vastissima gamma di film d’animazione, live action, colonne sonore, videogiochi e prodotti di merchandising. La saga delle avventure di Kakarot ha venduto oltre 260 milioni di copie in tutto il mondo, diventando il manga più popolare di sempre. L’ editore Shueisha ha dichiarato sul suo sito web: “È con grande tristezza che annunciamo la scomparsa di Toriyama. Sappiamo che aveva ancora diversi progetti in corso con il solito entusiasmo”.   Toriyama è uno dei fumettisti più amati di sempre, non solo in Giappone. Al pari di Go Nagai i suoi capolavori hanno riscosso  un successo globale come pochi altri nel panorama dei manga, sicuramente per l’ ironia che caratterizza i personaggi, irridendo a volte i tratti della cultura nipponica. Esempio lampante il maestro delle tartarughe che non nasconde difetti e debolezze dell’ essere umano. I protagonisti, descritti come strambi, mangioni e strani, hanno conquistato nel tempo il resto del mondo.Toriyama iniziò a disegnare sin da piccolo. Dopo aver visto la Carica dei 101, il film Disney suscitò in lui l’ispirazione delle figure rotonde e minute, in controtendenza rispetto agli altri manga shonen. Una delle particolarità dei suoi lavori era quella di disegnare le persone che gli erano vicine: moglie, colleghi, ma soprattutto l’ editore Kazuhiko Torishima che Akira continuamente prendeva in giro per la sua passione nei confronti delle belle ragazze.              Nato nella prefettura di Aichi, nel Giappone centrale,  Toriyama iniziò la sua carriera nel 1978, ottenendo fin da subito un gran successo con “Dr. Slump“, pubblicato sul settimanale Shukan Shonen Jump nel 1980. Il manga, da cui nacquero poi due serie animate, racconta la storia di un inventore stramboide, amante dell’ universo femminile, che crea Arale, una bambina robot  la vera protagonista della serie.Simpatica, scanzonata, miope, Arale è dotata di una grande forza fisica, è una combinaguai e vive in un villaggio caratterizzato da buffi animali e caricature di personaggi fantascientifici, provenienti direttamente da film come Godzilla, Star Wars e Star Trek.     L’ opera gli valse il Premio Shogakukan per il miglior manga Shonen, onorificenza prestigiosissima in Giappone. Premio che generalmente viene assegnato a fumetti rivolti al pubblico maschile.   Questo il messaggio del canale twitter ufficiale di Dragon Ball." Il funerale si terrà in forma privata, alla presenza di parenti ed amici, la famiglia chiede anche di rispettare la loro privacy durante questo momento così delicato”            
Mon Corps Mon Choix: la Francia è il primo paese a inserire il diritto d’aborto nella Costituzione
Marzo 07
Il 04 marzo 2024 la Francia attua un cambiamento storico diventando il primo paese al mondo ad introdurre il diritto di interruzione di gravidanza nella Costituzione. Il Parlamento, riunito in seduta comune a Versailles, ha approvato la misura voluta da Emmanuel Macron che aveva fatto partire l’iter dopo le sentenze che restringevano il diritto all’aborto negli USA. La Francia è diventata così il primo paese al mondo ad inserire tale diritto nella Costituzione con 780 voti a favore e 72 contro. Un lungo applauso ha accolto l’approvazione definitiva al disegno di legge e ad annunciare l’esito della votazione è stata Yaël Braun-Pivet, presidentessa dell’assemblea nazionale e prima donna a guidare una riunione congiunta delle due camere. Dopo la votazione, sulla Torre Eiffel è apparsa la scritta “Mon Corps, Mon Choix” ossia il mio corpo la mia scelta; al di sotto della Torre, invece, sono accorsi tantissimi francesi esultanti per la notizia. Macron, in seguito, ha commentato su X: “Fierezza francese, messaggio universale” e ha invitato i cittadini a riunirsi in occasione dell’8 Marzo per celebrare la nuova libertà garantita nella costituzione con la prima cerimonia di sigillatura aperta al pubblico dinanzi al ministero della giustizia.   Questa misura di legge, secondo il primo ministro francese Gabriel Attal, pone la Francia all’avanguardia del progresso. Sicuramente è una decisione storica per i diritti riproduttivi e la libertà femminile perché nel testo legislativo più importante dello Stato è ora tutelata ufficialmente la libertà delle donne di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. La decisione della Francia, in realtà, è rivoluzionaria anche perché l’aborto continua a essere un argomento molto divisivo e anche per raggiungere un’intesa sull’aggiunta dell’Igv in Costituzione si è dovuti scendere a compromessi. Inizialmente, infatti, si è cercato di introdurre il diritto all’aborto come fondamentale ma, per ottenere l’approvazione dei parlamentari più conservatori, il testo è stato modificato lasciando la possibilità ad un governo futuro di limitarne la modalità di accesso. Nonostante ciò, il testo rappresenta una conquista importante per il genere femminile soprattutto perché in molti paesi europei, negli ultimi anni, l’interruzione volontaria di gravidanza è stata considerata a rischio, anche l’Italia è tra questi.   In Italia l’aborto è tutelato dalla legge 194/1978 ma questo diritto viene spesso ostacolato in molti ospedali e consultori. Inoltre, nonostante il presidente del consiglio Giorgia Meloni abbia assicurato più volte che il suo governo non abolirà o modificherà la legge 194, dall’inizio della legislatura sono state presentate varie proposte di legge antiabortiste. Di recente, ha suscitato molte polemiche la proposta di legge di iniziativa popolare presentata dall’associazione “Ora et labora in difesa della vita” che prevede di introdurre l’obbligo per il personale sanitario di far ascoltare il battito cardiaco dei feti delle donne che vogliono sottoporsi all’Igv. Dopo aver depositato alla camera le 106.000 firme raccolte, il progetto di legge sarà presto discusso nelle commissioni riunite di giustizia e affari sociali.   Tutelare il diritto all’aborto dal punto di vista legislativo e pratico è fondamentale per garantire i diritti sessuali e riproduttivi di tutte le donne e per questo è necessario che altre istituzioni seguano l’esempio della Francia per difendere questa libertà. Il diritto ad abortire non obbliga nessuno a farlo, essendo un diritto dà semplicemente la possibilità a chi lo ritenga necessario di esercitarlo. A molti sfugge che abortire non è un dovere o un obbligo ma è una scelta e forse proprio per questo in tanti stati questo diritto non è concesso, perché un paese composto da una popolazione a cui è permesso scegliere diventa un ostacolo per chi la governa.                   Link alla foto: https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.ansa.it%2Fsito%2Fnotizie%2Fmondo%2F2024%2F03%2F04%2Fil-parlamento-francese-approva-la-riforma-laborto-e-nella-costituzione_3842cba0-0758-4df3-aaca-2eb7dea5709b.html&psig=AOvVaw1VybkK7nD-64EO9cHdd2MP&ust=1709770225267000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CBQQjRxqFwoTCMDd8sqs3oQDFQAAAAAdAAAAABAE
A Sanremo un fiume di parole!
Febbraio 16
  L’evento canoro dell’anno, il Festival di Sanremo, non pensiate che ci perseguiti soltanto per un’intera settimana, perché i media ne parlano, in bene e in male, per lungo tempo. Le acclamazioni per i presentatori e per la kermesse si contano a bizzeffe, tuttavia, come al solito, invece di essere solo un momento di relax, diventa anche lo spunto per interminabili polemiche che mai come quest’anno non sono state, né saranno, sterili.   Durante la settimana sanremese il rapper Ghali è stato sotto la lente dei riflettori, reo di aver portato un brano pacifista in un momento in cui alle porte d’Europa, in Ucraina e in Israele, ci sono delle guerre in atto, che speriamo non siano portatrici di venti di guerra mondiale. Il cantante milanese per aver intonato “Ma, come fate a dire che qui è tutto normale/Per tracciare un confine/Con linee immaginarie bombardate un ospedale/Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane/Non c’è mai pace/Ma il prato è verde, più verde, più verde/Sempre più verde (sempre più verde)/Il cielo è blu, blu, blu…” è stato preso di mira prima dalla comunità ebraica e poi dalla dirigenza RAI. A loro dire cantare un brano “pieno di propaganda” è stato inopportuno e sconvolgente visto i fatti del 7 ottobre scorso. Sebbene Ghali non abbia mai spiegato il significato della sua canzone, ognuno può interpretarla come vuole visto che non si fa riferimento a luoghi e a intenti precisi. Soltanto chi ha la coda di paglia si sente preso di mira perché la contestualizza in Palestina. E poco importa che in circa 4 mesi più di 100.000 palestinesi sono rimasti feriti o dispersi e che chiunque riporti questa semplice verità subisce la scure della censura. Ghali con la sua umiltà e semplicità ha ricordato che in Medio Oriente è in corso un genocidio, ma guai a farlo notare perché si rischia di passare come antisemiti.   Nemmeno si è mancato di puntare il dito verso il cantante partenopeo Geolier già da prima che mettesse piede sul palco perché si sapeva che avrebbe presentato un brano completamente in napoletano: “I p’ me, tu p’ te”. Tuttavia non è la prima volta che a Sanremo viene cantata una canzone in dialetto, basti pensare a tutte quelle volte che su quel palco si è esibito Nino D’Angelo, che in seguito ha raccontato di un sentimento antinapoletano da parte degli addetti ai lavori. Addirittura Gigi D’Alessio, ormai amato da tutti, ha riferito di una certa diffidenza nei suoi confronti, anche quando si è presentato sul palco con la Berté, proprio perché proveniva da una delle città più importanti del Sud. Quelli che remano sempre contro non hanno mai visto di buon occhio il canto napoletano al Festival, e poiché a pensar male spesso ci si indovina crediamo che le critiche sono state rivolte all’interprete proprio perché proveniva dalla periferia nord di Napoli sempre nell’occhio del ciclone. Durante la competizione canora, la denigrazione contro il rapper di Miano non è affatto cessata, raggiungendo il suo culmine con i fischi avvenuti in platea e in sala stampa e con illazioni da parte del web che ha incolpato il rapper di aver comprato i voti con i soldi della camorra.   La storia si ripete. Come al solito chi viene da una periferia problematica viene subito etichettato negativamente. Ma siamo sicuri che se Geolier fosse stato di Posillipo o del Vomero ci sarebbero state le stesse polemiche? Quello che è successo ci aiuta a riflettere su importanti aspetti sociali e non perdere tempo, come accadeva negli anni passati, sui sospetti di plagio o sui look stravaganti o su diatribe sul palco.     link all'immagine: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Festival_di_Sanremo_2024_logo.png
TELEPATHY: NEURALINK IMPIANTA IL PRIMO CHIP IN UN CERVELLO UMANO
Febbraio 03
Dopo aver ottenuto l’approvazione dalle autorità di regolamentazione statunitensi, Elon Musk ha comunicato che Neuralink, una delle sue startup, ha impiantato il primo chip all’interno del cervello di un essere umano. Il dispositivo prende il nome di Telepathy e viene inserito nel cervello umano tramite un’operazione chirurgica abbastanza invasiva. Attualmente, è ancora sconosciuta l’identità della persona che ha ricevuto questo impianto ma Elon Musk ha annunciato che il paziente è in ripresa post-operatoria e che i risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento di picchi neuronali.   Il dispositivo ideato promette di rilevare, tramite dei sensori, i segnali cerebrali e di inviarli a un’interfaccia che li rielabora consentendo alla persona di utilizzare un computer attraverso il proprio pensiero. L’impianto è formato da 5 elementi: una capsula esterna realizzata in materiale biocompatibile, una batteria ricaricabile, i microchip che traducono i segnali cerebrali e li trasmettono ai dispositivi ed infine 24 fili dotati di 1024 elettrodi che vengono collegati al cervello grazie ad un robot in grado di agire con estrema precisione. Il chip, dunque, viene posto nella zona del cervello che si occupa del movimento e dovrebbe riuscire a trasformare l’attività neurale in segnali, in modo da farci usare il computer o lo smartphone e, attraverso questi, qualsiasi strumento, senza muoverci ma solo pensando di muoverci. Ovviamente, è giusto sottolineare che questo impianto non è nato improvvisamente. Negli scorsi anni Neuralink aveva già fatto diversi test sugli animali, soprattutto sulle scimmie, e lo scorso maggio era stata autorizzata dall’agenzia statunitense che si occupa di farmaci e dispositivi medici una prima sperimentazione anche sull’uomo. Neuralink, però, non è la prima azienda che si occupa di questo; già da decenni altre aziende stanno studiando impianti per il cervello molto simili a Telepaty.   In ogni caso, Neurolink ha l’ambizione di migliorare le abilità umane e allo stesso tempo intervenire positivamente su disturbi neurologici come il Parkinson o la SLA. Questo chip, infatti, ha come obiettivo primario quello di fungere da dispositivo medico che aiuti le persone che hanno problematiche motorie. Le posizioni su questo tema sono contrastanti. Fino ad ora, per malattie neurologiche come quelle citate, non ci sono cure ma solo farmaci che cercano di tenere sotto controllo il decorso inevitabile della malattia dunque questo chip, se usato correttamente, potrebbe essere molto utile. Alcuni, infatti, credono che l’impiego di questa tecnologia in campo medico possa avere dei risvolti straordinari e ne individuano il vero potenziale. Chiaramente, c’è chi invece è spaventato da una tecnologia di questo genere e dal suo possibile utilizzo in altri ambiti. Un’integrazione tra uomo e macchina così potente da entrare nel nostro cervello forse è la cosa che intimorisce maggiormente anche se, molti dispositivi medici che usiamo, sono già tecnologie esterne che ci vengono impiantate e che ci permettono di vivere meglio o di sopravvivere. L’idea di un microchip nella testa, però, è molto invasiva e in effetti sono tantissimi gli aspetti etici in gioco. Chi avrà accesso a questa tecnologia? Come saranno garantite la privacy, la sicurezza, il consenso e l’autonomia dei singoli utenti? Le domande sono tante ma sicuramente prima di ogni altra cosa va testata la sicurezza di questi dispositivi.             Link alla foto: https://www.hwupgrade.it/i/n/neauralink_m_720.jpg
25 anni senza Fabrizio De André
Gennaio 21
L’ultimo grande poeta della musica italiana che ha saputo descrivere la vita degli emarginati e raccontare i vizi grotteschi di una borghesia con la puzza sotto al naso ci lasciò venticinque anni fa in fredda giornata di gennaio. Fabrizio De André, con la sua particolare voce baritonale, mise alla berlina personaggi come medici e giudici e scavò nell’animo di prostitute, transessuali, nani, matti, malati di cuore, descritti tutti con una sagacia forte e unica che resero il cantastorie genovese un personaggio unico nel panorama della musica italiana.   Ben inteso, all’estero i menestrelli Bob Dylan e Leonard Cohen descrissero la monotonia delle persone comuni, ma De André riuscì ad andare al di là della semplice ballata folk, perché inserì nei suoi testi elementi di natura medievale o, come gli piaceva ricordare, provenzale. Molti cantanti della sua stessa generazione si innamorarono dalle sonorità d’oltre oceano e da queste presero spunto per i loro brani. Faber guardava e ascoltava quel mondo con disincanto perché non gli interessava raggiungere le vette delle hit parade seguendo la scia del momento. Influenzato da chansonnier francesi, come Brassens, di cui cantò in italiano alcuni suoi brani, imparò a guardare la realtà in modo critico e pietoso.   Voleva semplicemente dare voce agli ultimi e certo non immaginava che le sue liriche sarebbero entrate nei cuori della gente allora come oggi. Quando il cantautore genovese mosse i primi passi vi furono pseudointellettuali che criticarono le sue canzoni e lo accolsero tiepidamente; tuttavia De André in vita è diventato famoso e conosciuto a livello internazionale e in morte, cosa che pensiamo non avrebbe mai voluto, ha subito un processo di beatificazione anche da parte di quella stampa che inizialmente gli remò contro.   Musicalmente De André può definirsi rivoluzionario, infatti fu uno dei primi musicisti, almeno in Italia, a non seguire uno schema preciso, tanto che possiamo citarlo come uno dei capostipiti della World Music. Alcuni compagni di viaggio, come Franz di Cioccio, hanno sottolineato questo suo ecclettismo musicale, capace di superare barriere o generi musicali. Così i suoi brani risultano sregolati sia nella metrica sia nel ritmo. De André difficilmente può essere catalogato in un genere musicale: rock, pop, folk… è lui il genere!   Questo è il personaggio, ma dal punto di vista della persona lui si considerava un uomo qualunque, né santo né predicatore, e come uomo qualunque non era esente da vizi, quali il fumo, che lo condannò a morte con un tumore ai polmoni, e le passioni che lo portarono a volare da “fiore in fiore”. E sempre l’uomo qualunque, mentre imperversavano gli anni di piombo, per dieci anni, dal ’69 al ’79 De André fu tenuto sotto controllo dal Sisde perché sospettato di essere un simpatizzante delle brigate rosse. Si diffidava di Faber senza disporre di riscontri verosimili. L’unica colpa di questo pericoloso musicista erano i versi della “Storia di un impiegato” che trattano il tema del rapporto dell’individuo con il potere lasciando diversi spazi aperti all’interpretazione. Soprattutto nel 1976, agli atti, c’è la relazione dell’Antiterrorismo in cui si menziona l’acquisto di un appezzamento di terreno in località Tempio Pausiana (Sassari) dove il cantante avrebbe deciso, secondo gli investigatori, di istituire una comune per extraparlamentari di sinistra. Naturalmente lì non ci fu nessuna comune, ma solo allegri convivi tra amici e il meno allegro sequestro, da parte dei banditi sardi, di Fabrizio e Dori, rilasciati dopo quattro mesi, solo a fronte di un cospicuo riscatto.   Oggi la sua eredità musicale è portata avanti, con amore ed entusiasmo, da suo figlio Cristiano in Italia e oltre. Noi speriamo che possa esibirsi anche a Scampia, tra i diseredati, tanto amati da suo padre, che hanno gioito per l’intitolazione dell’auditorium all’VIII municipalità a Faber e per il murales creato da Jorit, a via Labriola. 
Sanremo 2024: vengo anch’io? No, tu no!
Dicembre 26
Anche quest’anno il conduttore Amadeus ha comunicato in televisione, senza che i fortunati ne fossero stati avvisati precedentemente, i nomi dei partecipanti alla gara sanremese, kermesse che intrattiene ogni anno il pubblico italiano. E come ogni anno, a esibirsi sul palco dell’Ariston ci saranno vari artisti italiani e internazionali che si esibiranno durante le cinque serate.   Il beniamino di RaiUno, dopo aver annunciato i 27 concorrenti in gara tra cui Fiorella Mannoia, Il Volo, i Negramaro e tanti altri, (elenco completo a fine articolo), ha voluto ricordare anche le variazioni al regolamento delle votazioni della gara: dalla prossima edizione voterà non solo il pubblico da casa con il Televoto, la Giuria Sala Stampa, TV e Web, ma anche la Giuria Radio. Non abbiamo dubbi sulla regolarità della gara e del voto, perché il garante è proprio il servizio pubblico che vigila dal 1955.   Ma a distanza di più di 60 anni non ci viene ancora svelato il criterio con cui vengono scelte le canzoni e gli artisti. Tutto è messo nelle mani del direttore artistico che sceglie, in base alle sue conoscenze, al suo gusto e soprattutto a ciò che richiede il mercato canoro le canzoni e i cantanti. Proprio perché non c’è mai chiarezza su queste decisioni, ogni anno partono polemiche che fanno più rumore del normalissimo Festival. Fare un elenco completo su tutti i big esclusi da Sanremo2024 sarebbe davvero una mission impossible, tuttavia alcuni casi – pochi – balzano all’occhio più di tutti.   Il primo è sicuramente quello dei Jalisse. Non riusciamo davvero a comprendere perché dopo aver vinto nel 1997 con “Fiumi di Parole” hanno collezionato 27 no di fila. Supponiamo che il duo composto da Fabio Ricci e da Alessandra Drusian non divenne popolarissimo forse perché all’epoca non ebbe santi in paradiso capaci di promuovere una canzone al centro di numerosissime polemiche.   E i santi in paradiso non li ha nemmeno Marco Carta, vincitore di Amici nel 2008 e a Sanremo 2009, rifiutato anche lui dalla competizione dell’anno prossimo. I maligni hanno sempre affermato che il cantante sardo sia stato usato come “prodotto” dell’industria discografica, come merce creata ad hoc per il pubblico di teenager che segue la trasmissione di Maria De Filippi. Una volta uscito dal binario, la voce de La forza mia, non ha mai saputo o potuto crearsi una identità forte che lo portasse fuori dal cortile in cui è stato cresciuto ed è per questo che è costantemente stato scartato da circuiti mainstream.   E non è un caso che Povia provi da anni a portare un brano sociale, come lui lo definisce, senza successo. Ed è stato proprio il cantante a sottolineare il fatto che il mercato l’accoglie a braccia aperte quando propone brani del tipo I bambini fanno oh, ma quando propone canzoni più impegnate, di denuncia contro un certo modo di pensare, contro il sistema, l’unica risposta che ottiene è: “ritenta, la prossima volta sarai più fortunato”. Speriamo di essere più fortunati la prossima volta anche noi nello scoprire le modalità con cui vengono selezionati gli artisti, per adesso quello di sicuro sappiamo sono i nomi dei partecipanti e degli ospiti musicali.       Elenco partecipanti Festival Sanremo 2024   Ghali – Casa mia Alessandra Amoroso – Fino a qui Gazzelle – Tutto qui Ricchi e Poveri – Ma non tutta la vita Dargen D’Amico – Onda alta Angelina Mango – La noia Fred De Palma – Il cielo non ci vuole Fiorella Mannoia – Mariposa Loredana Bertè – Pazza Mr.Rain – Due altalene Geolier – I p’ me, tu p’ te Negramaro – Ricominciamo tutto Rose Villain – Click boom! Mahmood – Tuta gold Diodato – Ti muovi Annalisa – Sinceramente Il Volo – Capolavoro Emma – Apnea Francesco Renga & Nek – Pazzo di te La Sad – Autodistruttivo Irama – Tu no Big Mama – La rabbia non ti basta The Kolors – Un ragazzo una ragazza Sangiovanni – Finiscimi Il Tre – Fragili Alfa – Vai! Maninni – Spettacolare Santi Francesi – L’amore in bocca Clara – Diamanti grezzi bnkr44 – Governo punk   link immagine: https://en.wikipedia.org/wiki/Sanremo_Music_Festival#/media/File:Sanremo0006.jpg
THREADS: LA NUOVA APP DI META ARRIVA ANCHE IN ITALIA
Dicembre 23
Threads è il nuovo social che sta spopolando nelle ultime settimane. Rivisitazione del vecchio Twitter (ora X) ma questa volta firmato da Mark Zuckerberg, ha debuttato ufficialmente anche in Italia e nel resto d'Europa il 14 dicembre alle ore 12:00. Nei giorni precedenti al lancio del social network, infatti, Meta ha ufficializzato la disponibilità di uscita anche nell’UE, dopo l'iniziale uscita limitata agli USA e poche altre nazioni. Threads è un social network di tipo microblogging ossia dedicato soprattutto alla condivisione di brevi porzioni di testo (500 caratteri), ma lascia anche la possibilità di caricare link, foto e video (massimo di 5 minuti). Threads, inoltre, consentirà presto anche la comunicazione con altre piattaforme del cosiddetto fediverso ovvero altre comunità e piattaforme non legate a Meta.   La procedura d’utilizzo è molto semplice, basta scaricare l'apposita app e scegliere di accedere con l'utenza Instagram già esistente oppure crearne una nuova. Se si sceglie la prima opzione, si creerà automaticamente un link al proprio Threads nel profilo di Instagram e si manterrà anche lo stesso username e foto profilo. L'interfaccia grafica è pulita e minimalista, molto simile a quella dell'attuale versione di X e questo permette ai nuovi iscritti di potersi già orientare nella nuova app. I tag sono in fase di diffusione, ma funzionano in modo differente rispetto agli altri social. Invece di scegliere una singola parola, si potrà infatti categorizzare ogni post con un'intera frase, con spazi e caratteri speciali.   Threads può sembrare un social effettivamente utile e interessante perchè si condividono i contenuti in maniera molto spontanea e rapida e soprattutto unendo forme di comunicazione diverse, permettendo a chiunque di scegliere il metodo di condivisione che preferisce tra testo, audio, gif, foto o video. Tutto in un’unica app. L'obiettivo dell'inventore di Facebook era quello di offrire un'alternativa concreta a X e, con Threads, forse ci è riuscito. Quella di lanciare un nuovo social prevalentemente testuale potrebbe sembrare una scelta anacronistica nel 2023, ma c'è da dire che Threads è per Zuckerberg il tassello che completa il suo impero: dopo aver riprodotto i Reels ispirandosi a TikTok, ora ha replicato anche l'ex Twitter. Probabilmente è questo il vero motivo dell’uscita di questo social: la necessità di Meta di estendere il proprio monopolio comunicativo.   È ancora presto per dire se Threads riuscirà a sostituirsi ad X e se avrà lunga durata. Tuttavia, appartiene a una grossa società di social network ed è collegato a Instagram con circa 2 miliardi di utenti globali. Il punto di forza di questa app, dunque, è proprio il suo collegamento immediato con Instagram. Non solo è stato aggiunto ciò che manca alla celebre app ossia una parte testuale e l’uso di vocali ma, il collegamento tra le due piattaforme, permette ai creatori di contenuti un trasferimento più veloce dei follower di quell’app; ai fruitori di contenuti, invece, consente di ritrovare facilmente i profili che seguono sull’altro social. D’altra parte, Threads offre sostanzialmente ciò che offre Twitter/X, e gli utenti molto attivi su quest’ultima piattaforma potrebbero non avere sufficienti incentivi a spostarsi sulla nuova. Anche perché i pubblici di X e di Instagram non sono gli stessi e questo rappresenta un disincentivo all’utilizzo per i fruitori di X, che potrebbero non ritrovare su Threads i loro utenti e contenuti preferiti di X. Di recente, inoltre, molti hanno giudicato l’app come caotica e senza effettivo controllo sui contenuti visibili o sugli utenti disponibili. Per capire di più sul futuro di questa nuova app, quindi, non ci resta che attendere ulteriori evoluzioni della stessa e aggiornamenti sull’interesse che riscuoterà.                     Link alla foto: https://euwmmp8yg9n.exactdn.com/wp-content/uploads/2023/12/2023-07-04t143052z_1216481558_rc2ew1av5et6_rtrmadp_3_meta-threads-1688626945_jpg_1600x900_crop_q85.jpg?strip=all&lossy=1&quality=90&webp=90&avif=80&ssl=1
Now and Then chiude il viaggio dei Beatles
Novembre 24
Il 2 novembre scorso, come molti sapranno, è stato pubblicato l’ultimo singolo dei Beatles Now and Then, una canzone, registrata nell’arco di quasi 5 decenni e che ha dato al gruppo di Liverpool la soddisfazione di stare in vetta alle classifiche britanniche come accadde nel 1969 con The Ballad of John and Yoko.   Nel 1977 John Lennon non faceva più la vita da star, oramai tutte le sue attenzioni erano rivolte al piccolo Sean, che trascorreva gran parte del suo tempo con il padre e ciò impediva all’ex Beatle di dedicarsi alla musica a tempo pieno. Dalla trasmissione radiofonica The Lennon Lost Tapes, condotta da Elliot Mintz e andata On Air tra il 1988 e il 1992, emerse però che la voce di Imagine, ogni tanto, con l’aiuto di un registratore portatile, si accompagnava alla chitarra o al piano per registrare demo e frammenti musicali. Fu proprio in questi momenti che John registrò Free As a Bird, Real Love e Now and Then. Queste canzoni non furono mai completate perché Lennon fu ammazzato fuori al suo appartamento l’8 dicembre 1980 e, sebbene sulla cassetta che le conteneva ci fosse scritto “For Paul [McCartney]”, rimasero sepolte finché Yoko non la consegnò nelle mani dell’ex bassista dei fab four nel 1994. Fino a quel momento i Beatles rimasti o più simpaticamente i Threetles, si erano sempre opposti a riformare la band senza il loro vecchio compagno di avventure, ma quelle canzoni una volta riscoperte hanno dato alla band l’ultima occasione, per suonare assieme, almeno virtualmente.   E così John, Paul, George e Ringo, con l’aiuto del produttore Jeff Lynne registrarono Free as A Bird e Real Love per il progetto Beatles Anthology. Il tutto non senza qualche difficoltà dovuta alla qualità del nastro originale che impediva di separare il piano e la voce di John Lennon, che con il nuovo arrangiamento subiva problemi di pitching. Per Now and Then, oltre ai problemi citati, si aggiungeva anche il rumore di sottofondo dell’appartamento di New York, rendendo impossibile, dopo un paio di tentativi, di registrarci sopra, fino all’avvento, nel 2022, dell’intelligenza artificiale che è riuscita a isolare e a pulire la voce del membro occhialuto. Qualcuno l’ha battezzata “operazione Freinkstein”, ma in realtà da anni la tecnologia permette agli artisti di poter registrare in luoghi e in tempi diversi. I Beatles  hanno semplicemente sfruttato l’ultima innovazione tecnologica per dare ai fans quel giusto lieto fine.   Forse non ci saranno più inediti, ma siamo sicuri che grazie alla learning machine, utilizzata da Peter Jackson per le Get Back session e per Now and Then, ci saranno nuove operazioni commerciali per tenere in vita il brand: nuove ristampe o remaster dei loro vecchi album, ma anche il recupero di vecchi live oggi inascoltabili a causa dalle urla delle fan.      Foto presa dal sito di Rolling Stone italia    
Possibile aumento dell'IVA su Tampon Tax e prodotti per l'infanzia: i beni essenziali diventano beni di lusso
Ottobre 27
Secondo le bozze del Disegno di Legge di Bilancio in circolazione, l’Iva per l’igiene femminile e per i prodotti dell’infanzia dovrebbe passare dal 5% attuale al 10% dal prossimo anno, sebbene il testo della Manovra 2024 proposto dal Governo non sia ancora stato diffuso ufficialmente. Il raddoppio dell’aliquota sui prodotti come assorbenti, tamponi e coppette mestruali, ma anche sul latte in polvere e sui prodotti per l’alimentazione e la cura dei bambini, si inserisce in quella serie di mini tasse che il Governo si appresta a varare nella nuova legge di bilancio. In realtà, Giorgia Meloni ci aveva anticipato di questo possibile cambiamento già in conferenza stampa parlando del pacchetto natalità e suggerendo di eliminare il taglio dell’Iva sui prodotti per la prima infanzia. Oggi ci dice: “Purtroppo il taglio dell’iva è stato nella stragrande maggioranza dei casi assorbito da aumenti di prezzo e quindi non penso che valga la pena rinnovare questa misura” e ora nella bozza della manovra di bilancio si legge chiaramente che il governo dice stop alla tassazione al 5% per i prodotti per l’infanzia e per la Tampon tax.   Assorbenti e pannolini per bambini sembrano quindi essere diventati dei beni di lusso quando, in realtà, sono prodotti di prima necessità. Dei passi avanti erano stati fatti negli anni scorsi abbassando l’iva dal 22% al 10% e lo scorso anno riducendola ulteriormente al 5%. Dopo un anno, dopo che si era dato tanto spazio e attenzione al tema, ci troviamo quindi di nuovo a fare un passo indietro rispetto ai nostri miglioramenti passati ma soprattutto rispetto a molti altri paesi. Nel Regno Unito, per esempio, la Tampon tax è stata eliminata, la Scozia ha addirittura reso gratuiti gli assorbenti nelle scuole e negli edifici pubblici, mentre in Nuova Zelanda sono state promulgate leggi contro la period poverty.   Con il nuovo possibile ed ulteriore rialzo, moltissime donne e famiglie italiane, che già affrontano i rincari di tantissimi prodotti, saranno messe in difficoltà. Questa decisione, oltre ad essere un problema per molti italiani, sembra contraddire le proposte fatte negli scorsi mesi de Meloni come il favorire le nascite e dare aiuti concreti alle famiglie italiane. Basti pensare che per acquistare gli assorbenti la stima oscilla tra gli 80€ e i 130€ annui mentre, per un genitore, comprare i pannolini costa in media 726€ a figlio ogni anno finché ne ha bisogno. Altra contraddizione sta nel fatto che era stato proprio questo esecutivo nella precedente Legge di Bilancio a tagliare l’Iva dal 10% al 5% sui prodotti per l’igiene femminile e per l’infanzia. Inoltre, la riduzione dell’aliquota Iva sui prodotti e servizi per l’infanzia era uno dei punti del programma della coalizione di centrodestra alle ultime elezioni. Ma soprattutto, cosa ne è stato della prima premier italiana donna che si sperava potesse essere simbolo dell’emancipazione femminile? Il taglio dell’Iva sugli assorbenti è da sempre una lotta che caratterizza le rivendicazioni femminili prima che femministe, ma l’aumento dell’Iva al 10 % favorirà di nuovo l’aumento dei prezzi segnando una nuova sconfitta nell’abbattimento delle discriminazioni nei confronti delle donne.             Link alla foto: https://cdn.milenio.com/uploads/media/2021/06/22/menstruacion-proceso-natural-requiere-alternativas.jpg
In arrivo Spotify Superpremium
Ottobre 25
Sulla rete, durante l’epoca Covid, i maggior servizi di musica streaming, come “Amazon Music Unlimited” e “Apple Music,” hanno offerto, ai propri abbonati, un servizio di audio non compresso e finalmente con una qualità lossless su tutto il loro catalogo. Sottoscrivendo un abbonamento, con quota non superiore agli 11 euro al mese, si può ascoltare un repertorio di canzoni con la stessa qualità di un CD audio. Un prezzo giudicato accettabile sia dalla maggior parte degli internauti sia da quella delle major e dagli editori per le royalties, ma non dalla maggior parte degli artisti che vedono nell’usufruire della musica, senza supporto fisico, venir meno i loro guadagni.   Ci vorrà del tempo per capire e accettare questa rivoluzione copernicana, d’altro canto ogni cambiamento ha bisogno di un periodo di assestamento così come è accaduto per la fruizione della musica liquida che ha superato pian piano l’ascolto del ben amato CD. Anche Spotify si appresta a garantire -finalmente - ai suoi utenti una qualità non plus ultra. Ad una bella notizia, però, se ne affianca una non molto gradita in quanto i rumours annunciano un aumento del canone che passerebbe dai classici 10/11 Euro ai 19,90. Tuttavia, dalle parti di Stoccolma, i manager della azienda svedese sono sicuri del successo delle nuove sottoscrizioni specialmente da parte degli audiofili.   Da un paio di anni si è vociferato, sulla rete, di un piano Spotify HiFi che avrebbe permesso l’ascolto di musica con qualità lossless: servizio mai entrato in funzione perché ancora in fase di test. Oggi invece i beta testers hanno confermato che sui loro dispositivi è apparso il logo e le caratteristiche del nuovo piano Spotify SuperPremium che oltre a garantire un audio a 24 bit, includerà anche 30 ore di ascolto di audiolibri vari, playlist generate dall’intelligenza artificiale, un avanzato strumento di mixaggio e un’oscura Sound Capsule di cui, attualmente, non si ha nessun dettaglio. Certamente nuove funzioni, ma un prezzo così lontano dalle possibilità pecuniarie dei giovani ci lascia perplessi. Dopo tutto la musica in streaming è nata per abbattere i download illegali, quelli fatti con Emule e Torrent, così con un costo alla portata di tutti, gli utenti hanno potuto ampliare i propri orizzonti e conoscere meglio generi musicali o artisti lontani dalla propria confort zone.   Tutto bello? Assolutamente no, poiché temiamo che gli altri competitors possano fare cartello piuttosto che concorrenza tra di loro. Ci auguriamo solo che gli utenti finali non siano indotti, per il caro prezzo, nella tentazione di scaricare musica illegalmente poiché molti album non sono presenti sulle piattaforme di streaming. Ma questa non è l’unica causa del download selvaggio: il prezzo dei dischi fisici è diventato proibitivo a causa di una filiera ingorda che comprende artisti, produttori, managers ed editori che più mangiano e più vogliono mangiare.   Gli analisti del reparto commerciale agiscono furbamente perché sanno che i pezzi ascoltati tramite le casse di un computer o nelle cuffiette rappresentano la colonna sonora delle giornate di molti, una colonna sonora diventata ormai irrinunciabile, e sebbene sia comprensibile un aumento di prezzo che è anche lecito per chi vive di questo lavoro, bisogna fare attenzione. Non si può tirare troppo la corda in un momento in cui l’inflazione galoppa e gli stipendi sono fermi da più di vent’anni.   link all'immagine: https://it.wikipedia.org/wiki/Spotify#/media/File:Spotify_logo_with_text.svg
I Rolling stones alla riscossa
Settembre 19
Nel 2021 Mick Jagger annunciò alla stampa che la band aveva “un sacco di brani pronti” per la pubblicazione, poi la notizia passò in secondo piano rispetto ai festeggiamenti dei sessant'anni di carriera che portarono i nostri a un tour celebrativo in tutta Europa. Il gruppo non pubblica un inedito da più di 16 anni, l’ultimo è stato "A Bigger Bang", pubblicato nel 2005. Ma adesso il momento tanto atteso dai fans sembra finalmente arrivato. A luglio del 2023 sull’Hackney Gazette di Londra è comparso un criptato annuncio da parte dell’azienda Hackney Diamonds che ripara vetri rotti e, attraverso diversi indizi, portò a credere ai lettori che ci sarebbe stato un nuovo disco dei Rolling Stones. Infatti nei paratesti c’erano richiami alle canzoni di Mick Jagger.   All’inizio di settembre l’enigma è stato sciolto al Jimmy Fallon Show, dove è stata annunciata la pubblicazione dell’ellepì “Hackney Diamonds” peril 20 ottobre prossimo. Insomma le pietre rotolanti sono tornate più dirompenti che mai. Nel nuovo LP, torna la formazione classica, quella composta da Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood, Charlie Watts e Bill Wyman. in due brani registrati prima del 2021, Mess It Up e la Live by the Sword. Oltre a loro, in questa nuova avventura ci sono altri ospiti illustri che accompagnano la band inglese. Infatti in Sweet Sounds of Heaven ci sono la voce di Lady Gaga e il sintetizzatore di Steve Wonder, e nella traccia in Bite My Head Off c’è il basso Hofner di Paul McCarrtney. A completare la lista dei super cantanti c’è Elton John che canta con gli Stones in due canzoni: Get Close e Live by the Sword.   Il progetto è stato anticipato dal nuovo singolo, Angry, che sulle piattaforme di Streaming ha già avuto moltissime visualizzazioni.  Su Youtube è possibile già apprezzare il videoclip e l’ascoltatore, con l’immaginazione, può salire a bordo della Mustang assieme a Sydney Sweeney tra le vie di Los Angeles. Tra le vie della città americana non si può fare a meno di guardare i billboard che trasmettoni filmati d’epoca degli Stones mentre suonano il nuovo pezzo. Una simpatica idea avuta dal regista François Rousselet che ha voluto rendere omaggio in questo modo alla storia di Jagger e soci attraverso filmati storici che vanno dagli anni ’60 agli anni ‘80. Aspettando il 20 ottobre, elenchiamo la track list del disco che dura 48 minuti circa: Angry Get Close Depending on You Bite My Head Whole Wide World Dreamy Skies Mess It Up Live by the Sword Driving Me Too Hard Tell Me Straight Sweet Sounds of Heaven Rolling Stone Blues  
Salute mentale: i due lati dei social tra confronto e autodiagnosi
Settembre 13
Negli ultimi anni, parlare di salute mentale non è più un tabù, soprattutto per le nuove generazioni. Anche i social hanno dato un grande contributo nel normalizzare questo argomento, dando agli utenti la possibilità di esprimere le proprie opinioni e conoscenze in modo semplice e diretto, raggiungendo un gran numero di persone. Questi hanno consentito di affrontare tematiche che fino a pochi anni fa erano relegate a un contesto ristretto e familiare. La pandemia, inoltre, ha messo a dura prova la salute mentale di molti dando però così la spinta per chiedere aiuto ad esperti del settore: come ha riportato la commissione europea, a ottobre 2022 in Italia su 300.000 richieste per il bonus psicologo, oltre il 60% dei cittadini era under 35. Questa situazione, unita al contributo dei social, ha quindi permesso di normalizzare il bisogno di prendersi cura di se stessi, senza pregiudizi, dando voce a un bisogno reale soprattutto tra i più giovani.   Negli ultimi tempi, però, il tema della salute mentale è diventato un trend e si sono moltiplicati sui social contenuti che parlano di sintomi per riconoscere un disturbo mentale. Si stanno diffondendo sempre di più, su Tik Tok e Instagram, contenuti in cui si parla di diagnosi e sintomi legati ad alcuni disturbi mentali e neurodivergenze. Spesso questi video elencano una serie di sintomi in cui è facile identificarsi: avere difficoltà a mantenere la concentrazione, disagio sociale, procrastinare o provare emozioni amplificate. Di fronte a video simili è facile tendere a fare delle autodiagnosi, dimenticandosi che disturbi e neurodivergenze sono spesso difficili da diagnosticare per gli stessi professionisti che se ne occupano perchè richiedono un’analisi approfondita di come questi si inseriscono nella storia dell’individuo. Per parlare di salute mentale serve competenza e consapevolezza, soprattutto se l’obiettivo è quello di sensibilizzare gli utenti sull’argomento e aiutarli nell’affrontare le proprie paure. Quando si affrontano temi così delicati è importante porre attenzione all’impatto che le modalità con cui questi sono trattati hanno sugli altri.   Da un lato i social aiutano ad affrontare e normalizzare temi relativi alla salute mentale, permettendo alle persone di prendersi cura di sé. Dall’altro la diffusione sempre più ampia di questi contenuti richiede da parte di chi ne parla molta consapevolezza sul tipo di pubblico a cui potrebbero arrivare. I video in cui si parla di problemi psicologici potrebbero essere disturbanti per alcune persone che vedono rappresentati sintomi e disagi all’interno del flusso di contenuti social con superficialità. Un altro rischio riguarda la diffusione di un linguaggio clinico che può essere usato in modo inappropriato. Come spesso accade quando si parla di salute, i social possono essere un efficace strumento per diffondere conoscenze e combattere lo stigma, ma quando si parla di temi così delicati è importante considerare che non sempre chi crea tali contenuti possiede gli strumenti per contestualizzare le informazioni. Negli ultimi anni i social hanno reso possibile una vera e propria rivoluzione culturale intorno al tema della salute mentale, che rimane un ambito estremamente delicato. Proprio per questo è importante riuscire a sfruttare le potenzialità dei social, usando un linguaggio immediato e coinvolgente ma stando attenti ad utilizzare le parole giuste e a non banalizzare.               Link alla foto: https://greatpeopleinside.com/wp-content/uploads/2020/02/mental-health.jpg
Fassino chi? quello dei 4.718 euro.
Agosto 26
Piero Fassino l’ha fatta fuori dal vaso ancora una volta. Il 3 agosto scorso siamo rimasti sbigottiti per le affermazioni dell’ex Sindaco di Torino fatte a Montecitorio. Ha agitato il cedolino del suo stipendio, a mo’ di bandierina, proferendo testuali parole: “L’indennità che ciascun deputato percepisce ogni mese dalla Camera è di 4.718 euro al mese. Si tratta certamente di una buona indennità, ma non è certamente uno stipendio d’oro”. Un’affermazione che se fatta da un parlamentare del centro destra non avrebbe destato scalpore, ma fatta da chi dovrebbe rappresentare la classe media diventa qualcosa di surreale e inaccettabile. Quello che dà più fastidio è che nel momento storico in cui il popolo chiede a gran voce una legge per il salario minimo e il ripristino del reddito di cittadinanza c’è chi mostra le sue 4.718 euro al mese come se fosse una normale indennità a cui lui non vuole rinunciare, perché la ritiene il minimo sindacale per un parlamentare.   Dimenticando, o meglio volendo dimenticare, che è una somma che poche persone, della classe media, riescono a vedere tutta assieme. Certamente sappiamo che le spese di un parlamentare sono tante, ma Fassino sa che un comune mortale deve affrontare spese del mutuo, della scuola per i figli, le spese per dentista, per medicinali, per benzina, per alimentari, il tutto con uno stipendio, quando va bene, di circa 1500 euro mensili? Non mentiamo affermando che da anni ormai il Partito Democratico non ha più connessione sentimentale con la gente comune che arranca per arrivare alla fine del mese e che Girogia Meloni potrà continuare a governare per altri vent’anni dal momento in cui i suoi avversari politici sono certi personaggetti, come direbbe il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca. E dal momento che in alcuni settori della pubblica amministrazione c’è anche chi ha uno stipendio ancora più corposo dei nostri onorevoli, come quello dei giudici o dei dirigenti sanitari, il nostro atto di accusa non è certamente rivolto al quantum, ma contro un sistema autarchico che decide autonomamente quanto guadagnare e soprattutto cosa inserire nelle voci di rimborso. Paradossalmente se qualcuno osa puntare il dito contro i privilegi della casta, gli viene detto che quelli sono “diritti acquisiti” che servono al loro decoro. Ma al decoro dei cittadini chi ci pensa?   E certamente con 4.700 al mese la vita sarebbe decorsa per chiunque, peccato che Fassino ha omesso di dire che oltre al trattamento economico ci sono altre voci accessorie che spettano solo a loro. Elenchiamo quelle più importanti. Diaria per le spese di soggiorno a Roma. Il giornale “Il sole 24 ore” ammonta questa cifra a 3500 euro al mese e probabilmente per vivere nella capitale di Italia, in cui c’è il record del caro affitti, saranno anche insufficienti, ma la maggior parte della attività parlamentare si concentra in 2-3 giorni alla settimana, principalmente dal martedì al giovedì. Molti degli Onorevoli usa questi soldi per alloggiare nei B&B. Il Rimborso mensile per le spese di mandato. Ogni parlamentare ha il diritto di farsi rimborsare fino a 3600 euro al mese dalla Camera di appartenenza, le spese per il proprio staff, per le attività di ricerca, per le organizzazioni degli eventi, etc. e per ottenere tale somma, il Deputato o Senatore è obbligato a rendicontare metà della somma, come ha riferito l’ex Deputato Alessandro Di Battista in un video su YouTube. Spese telefoniche. Ogni parlamentare ha diritto a 1200 euro all’anno per sostenere, con il proprio telefono, le chiamate nazionali e internazionali. È risaputo che qualsiasi operatore telefonico permette con 20-30 euro al mese traffico nazionale illimitato e attraverso Zoom, Skype o qualsiasi software di videochat si possono fare conversazioni internazionali a costo zero. Spese di Viaggio. Ogni parlamentare ha il diritto di spostarsi gratis ogni qual volta che lo ritenga, sia in prima classe, o in Business, sul territorio nazionale. Per ottenere lo stesso benefit per i voli internazionali, il deputato o Senatore deve avere uno specifico mandato o “missione” della camera di appartenenza.  Potremmo continuare con l’elenco dei privilegi dei parlamentari, ma rischieremo di cadere nella trappola del populismo, e poiché non siamo “cattivi maestri” non vogliamo certo izzare il popolo, ma ci dispiace doverci associare alle parole di Gian Antonio Stella, autore del besteller La Casta, e a mo’ di sconfitta ammettere che ci sembra di essere ancora nell’antica Roma. Da allora non è cambiato niente: nulla riesce a scalfire il sistema.     link alla foto: https://www.open.online/2023/07/24/piero-fassino-sconfitta-elezioni-torino-2016-pd-m5s/   Credits foto: ANSA/Tino Romano | Piero Fassino alla presentazione del libro “Il ritorno degli imperi” a Torino (18 novembre 2022)
Elezioni spagnole: una finestra sulle europee
Luglio 31
Domenica 23 luglio si sono svolte in Spagna le elezioni per il rinnovo del Parlamento: il partito dei Popolari è la prima forza spagnola, ma senza una maggioranza assoluta. Su fronti contrapposti si sono sfidate la coalizione di sinistra formata dal Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) e Sumar - nato dal raggruppamento di partiti facenti parte della sinistra radicale - e guidata dal Primo Ministro socialista uscente Pedro Sánchez. Dall'altro lato del campo si è presentata la coalizione di destra formata dal Partito Popolare (PP) e Vox - partito conservatore, neofranchista e di estrema destra, nato da una scissione del PP e gemellato con Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni - e guidata dal presidente del PP Alberto Núñez Feijóo. Le elezioni sono terminate con un sostanziale pareggio: il PP è primo partito con con il 33% dei voti, tallonato dal PSOE fermatosi al 31,7% dei voti, ma la coalizione di sinistra ed i partiti autonomisti hanno ottenuto appena un seggio parlamentare in più (172) dell'asse PP - Vox (171). In base alla costituzione spagnola, una volta ottenuto l'incarico dal Re, è possibile formare un governo al raggiungimento della maggioranza assoluta dei seggi alla Camera Bassa oppure con maggioranza relativa dei seggi con la condizione che i "Sì" superino i "No", senza contare gli astenuti. Alla luce dei risultati elettorali raggiunti emerge come nessun partito o coalizione abbia ottenuto la maggioranza assoluta e, di conseguenza, non possa formare un governo. Questo risultato è stato sorprendente per tre motivi in particolare: -        il PP, dato come vincitore assoluto di queste elezioni, ha preso meno voti di quelli che erano previsti dai sondaggi; -        il PSOE, nonostante sia arrivato secondo, ha ottenuto più voti rispetto alla tornata elettorale del 2019 passando dal 28% al 31,7% ed ha visto aumentare il proprio numero di seggi in Parlamento; -        Vox, che avrebbe dovuto prendere un significativo numero di voti, si è fermato al 12,4% ed ha visto dimezzare i suoi seggi. Inoltre, ciò che ha reso questa tornata elettorale di fondamentale importanza è l’alleanza tra il PP e Vox, popolari e estrema destra, in quanto banco di prova della futura alleanza che formerà la Commissione Europea in seguito alle elezioni europee che si terranno a giugno 2024. Alleanza tra il Partito Popolare Europeo (PPE) e i Conservatori e Riformisti Europei (ECR),partito europeo di cui è presidente Giorgia Meloni, con l'esclusione del gruppo dei Socialisti e Democratici Europei (S&D). Guardando ai risultati spagnoli, il Partito Popolare e il Partito Conservatore, non hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi, anzi il PP ha ottenuto meno del previsto mentre Vox ha dimezzato i seggi rispetto al 2019. Il risultato del PSOE, invece, ha ridato vigore ai partiti della sinistra europea ed a S&D. Dunque, le elezioni europee del 2024, con queste premesse, potrebbero non essere così scontate come previsto. Tutto è ancora aperto.
Che delusione quando gli artisti annunciano l’ultimo gin tonic
Luglio 21
  Negli anni ’70, in piena epoca punk, in Gran Bretagna, centinaia di ragazzini appassionati di musica rock, oltre a indossare vestiti strappati, vistose catenine al collo, tutto accompagnato da capigliature colorate alla moicana, andavano in giro con una simpatica T-sirth con la scritta “I hate the Pink Floyd”, resa celebre dal cantante dei Sex Pistol, Johnny Rotten, che puntava il dito contro i musicisti della vecchia generazione, ritenuti ormai dei dinosauri perché incapaci di stare al passo con i tempi e di offrire al pubblico qualcosa che li tenesse ancora sulla cresta dell’onda. Dopo 40 o 50 anni possiamo dire che quelle invettive, oltre ad essere state di cattivo gusto, hanno sortito l’effetto di un karma negativo sull’intero movimento punk. Infatti quei dinosauri hanno resistito all’onda d’urto delle mode che si sono susseguite e hanno continuato a fare musica sino ai giorni nostri nonostante l’età anagrafica, motivo per cui molti di loro hanno pensato di appendere le loro chitarre e microfoni al chiodo, perché fare un disco o fare una tournée non era più divertente o esaltante come un tempo. Peccato che non gli crediamo! Molti artisti attivi durante il “secolo breve” dicevano che l’unica cosa importante, all’epoca, era quella “di avere i soldi per farsi le piscine” e adesso ci vengono a raccontare che non riescono più a stare dietro al sacro fuoco dell’arte. Ma questo fuoco è mai esistito? Chi non ce la fa più fisicamente o non ha più idee è giusto che mandi in pensione il proprio personaggio e che si goda il tempo rimasto, ma storciamo il naso sul fatto che molti cantanti annuncino il “falso” ritiro dalle scene con un farewell tour in grande stile. Sembra proprio che non sappiano rinunciare all’ultima jacuzzi “regalata dai fans.” Non c’è nulla di artistico dietro le loro intenzioni. Ci sentiamo presi in giro perché nonostante i loro annunci, continuano a suonare e a cantare confidando nel fatto che il pubblico abbia la memoria dei pesci rossi. Gli ultimi ad aver annunciato il tour di addio sono stati gli Eagles che, timidamente, hanno annunciato di voler chiudere il cerchio dopo 52 anni di attività. Il loro The Long Goodbye Final Tour inizierà nella fine del 2023 e si concluderà nel 2025. Al momento non abbiamo altre informazioni ed è impossibile giudicare se, come altri loro illustri colleghi, stiano facendo promesse da marinaio. È impossibile fare un elenco completo di questi musicisti ma, concludiamo questo articolo con i “Pinocchi” più eclatanti. I Kiss annunciarono nel 2000 la volontà di ritirarsi, dicendo che ormai la band aveva scalato tutte le montagne e che ormai volevano dedicare il loro tempo al gardering. Ebbene sono oltre vent’anni che da dopo l’addio continuano a suonare e giurano, con le dita nascoste dietro la schiena, che nel 2023 ci saranno le loro ultime date. Tina Turner, scomparsa poco più di un mese fa, nel 2000 annunciò il ritiro dalle scene dopo 44 anni di carriera. Si rimise in gioco qualche anno dopo, per festeggiare i suoi 50 anni, dicendo che tutti gli artisti che amava continuavano a suonare, e quindi le sembra giusto continuare a ritornare on the road. Eric Clapton nel 2017, in occasione della presentazione del “Live in 12 bars”, annunciò alla stampa il ritiro definitivo perché il suo fisico non reggeva più e soprattutto perché l’epoca delle chitarre è ormai finito. La carriera dell’ex voce dei Cream è ancora attiva e a settembre suonerà a Los Angeles. I Pooh, dopo una carriera straordinaria, arrivati ai 50 anni di attività, decisero di sciogliere consensualmente la band e di salutare i fans con un tour di addio. Durante il covid morì Stefano D’Orazio e i membri in vita giurarono che, proprio per la morte dello storico batterista, non avrebbero più riformato la band. Qualcosa deve avergli fatto cambiare idea visto che nel 2023 la band di Facchinetti sarà impegnata da luglio fino a ottobre.       link all'immagine dell'articolo https://unsplash.com/it/foto/yVKGWunM960
Nel 2023 la grande musica sta diventando inclusiva
Luglio 16
In passato era impensabile che le persone non udenti potessero occuparsi di musica ma, da qualche anno, sempre più persone sfidano il silenzio e trovano nella musica una valvola di sfogo, una possibilità di comunicare e sentire in modo diverso e di inserirsi nella vita quotidiana. Il canto segnato, ovvero l'incontro tra musica e lingua dei segni, è una vera e propria disciplina artistica che tramite il movimento corporale, la mimica e la traduzione in lingua dei segni permette di rappresentare visivamente le componenti del canto. In una società che non sempre si batte per l'inclusività, per fortuna ci sono sempre più spesso artisti e persone che ci tengono a rendere l'universo musicale accessibile ai non udenti.   Per esempio, uno splendido momento nel segno dell'inclusività si è verificato l'11 luglio a San Siro durante il concerto dei Pinguini Tattici Nucleari. La band ha fatto salire sul palco una ragazza che ha interpretato in Lis uno dei loro brani di successo. "Fatemi cantare 'Ridere' con voi nella lingua dei segni". Un messaggio scritto su un semplice cartellone giallo è bastato a Giorgina Lo Nardo, giovane interprete della lingua dei segni, per convincere i Pinguini Tattici Nucleari a realizzare il suo sogno. Nei video pubblicati sui social si vedono la ragazza e Riccardo Zanotti, frontman dei Pinguini, dare vita ad un'esibizione improvvisata ed emozionante, capace di far cantare, commuovere e ballare i 70 mila fan presenti allo stadio, senza alcuna distinzione.   Un altro esempio recente di inclusività musicale si è verificato a giugno durante il concerto dei Coldplay, che hanno proposto una meravigliosa interpretazione delle proprie canzoni in lingua dei segni come inno all'inclusione ed esempio da seguire durante il loro tour mondiale per il nono album, Music of the Spheres. In realtà, non è un avvenimento nuovo: i Coldplay sono soliti rendere i loro concerti accessibili davvero a tutti. Così, in ogni loro tappa del tour, passando per Napoli e Milano, Chris Martin non ha deluso nessuno e si è diffuso sul web un video che riprende la parte più dolce dei suoi spettacoli. In una notte magica, tra voci e luci meravigliose, appaiono due ragazzi che eseguono l'intero concerto in Lis. Inoltre, agli spettatori non udenti e ipoudenti, è stata dedicata un'area apposita in cui sono stati disposti uno schienale tattile per permettere loro di percepire fisicamente il suono. I sedili sono dotati di un sistema audio che permette di vivere un'esperienza fisica del suono tramite uno zainetto vibrante (il Subpac) dalla speciale tecnologia che trasferisce le basse frequenze sul corpo. Mentre per gli spettatori ciechi e ipovedenti il gruppo inglese ha predisposto dei tour tattili prima dello spettacolo. L'intento dei Coldplay è che i loro concerti siano accessibili a chiunque e che tutti possano vivere la migliore esperienza possibile.   Dai Pinguini Tattici Nucleari, ai Coldplay fino a Sanremo, la musica sta cambiando. Bisogna riconoscere che anche un'istituzione storica della musica italiana, com'è il noto Festival, ha mostrato negli ultimi anni una sensibilità crescente a partire dal 2020 con i performer Lis. Artisti a tutto tondo che non si limitano a riprodurre le canzoni in gara, ma le interpretano, dando vita a performance artistiche autonome. Oltre a rompere le barriere dell'esclusione, può essere affascinante e interessante per tutti l'accompagnamento segnico e mimico ad ogni canzone, avvicinandoci a coloro che possono godere della musica in modo differente. Questi esempi di inclusività sono spesso posti in secondo piano in Italia, ma meritano una grande considerazione e riverbero affinchè non siano eccezioni o voci fuori dal coro, ma diventino la normalità durante ogni concerto ed esperienza musicale.
Il mainstream a caccia di streghe: musicisti nel mirino
Giugno 21
Brutte notizie per chi ha uno sguardo critico sul mondo. Potrebbe finire sulle liste di proscrizione di qualche giornale mainstream, come è accaduto proprio l’anno scorso ad Alessandro Orsini e ad altri intellettuali che avevano visto comparire la propria foto segnaletica sul “Corriere della Sera”. Erano stati presentati tutti come putiniani o semplicemente avversi al modus operandi di UE e NATO. Dopo la caduta del Muro di Berlino, i politici e i professionisti dell’informazione, ci avevano raccontato che una nuova epoca di pace e di prosperità era giunta e che potevamo archiviare faticosamente i mali del secolo scorso: i totalitarismi novecenteschi, il nazismo e comunismo. I nostri intellettuali si erano dimenticati di accantonare anche una delle pagine più vergognose dell’Occidente: il maccartismo.   Non è un caso che chi ha una posizione diversa, su qualsiasi argomento, UE, Euro, NATO, o su qualsiasi altro termine contrario al “politicamente corretto”, venga delegittimato con etichette create ad hoc per silenziare automaticamente un dibattito sui temi più caldi, ed eppure se c’è una cosa per cui le democrazie dovrebbero vantarsi è proprio quello di dare spazio alle voci che cantano fuori dal coro. Scriviamola tutta, assistiamo al paradosso che chi controlla i poteri forti e ne detta la linea comunicativa fa orecchie da mercante nei riguardi di chi pubblica in rete sciocchezze di poco conto, ma è pronto a effettuare uno shadow ban o un vero e proprio boicottaggio nei riguardi di chi esprime innocentemente il proprio dissenso. Questo trattamento è stato subito da influencer, opinion leader, giornalisti e da quelle notizie che possono disturbare il manovratore. Non è un caso che la proposta di referendum “contro le armi”, promosso dall’intellettuale Enzo Pennetta, sia rimasto in sordina sui grandi giornaloni, come anche le idee di chi diffonde il proprio pensiero con la musica.   Ultimamente, come ripotato da diversi giornali, dal “Secolo XIX”, da “La Repubblica”, o semplicemente dall’Ansa, alla pianista ucraina, Valentina Lisitsa, è stato vietato di suonare al Lerici music Festival perché l’artista si è sempre schierata a favore dell’avanzata russa. Infatti, la sua posizione si è aggravata quando , dopo la conquista da parte dell’esercito della Federazione Russa, ha suonato a Mariupol. Un’onta da cancellare con un abiura, voluta dagli organizzatori della manifestazione canora che, purtroppo, come segnala anche “Byoblu,” non è arrivata ed è per questo motivo che è scattata la censura nei suoi confronti. Peccato, però, che a nessuno sia venuto il dubbio che la regina di Rachmaninov non è sostenitrice di Putin, come scritto dai giornali locali, ma è sostenitrice di quelle popolazioni del Donbass, ucraine come lei, che da anni sono vittime del giogo del governo ucraino, come denunciato, ben prima dello scoppio della guerra, da pochissimi giornalisti.   La russofobia non ha risparmiato neanche l’ex leader dei Pink Floyd, Roger Waters, che da sempre manifesta il suo odio per le guerre, per le occupazioni, per le violazioni dei diritti dell’uomo. Il cantante britannico è una delle poche voci rimaste a scagliarsi contro l’odiosa occupazione israeliana. Per questo era già finito sotto la lente di ingrandimento dei mass media, soltanto che da quando si è espresso contro il Governo di Kiev si sta alzando un polverone nei confronti dei suoi spettacoli perché evocano alcune scene tratte dal film “The Wall” in cui il protagonista indossa una divisa nazista che nei live il bassista ha sempre messo. Peccato che il film è del 1982 e Waters rievoca le scene incriminate da oltre 30 anni proprio per ricordare che per colpa della Germania nazista suo padre perse la vita, ma se davvero gli si voleva rivolgerge un’accusa di antisemitismo, bisognava farlo allora e non di certo adesso.   Ma voi vi immaginate se negli anni ’60 avessero imbavagliato Bob Dylan o Joan Baez per le loro posizioni contro il Vietnam? O addirittura cosa avrebbero detto a Jovanotti, a Ligabue e Piero Pelu se oggi avessero pubblicato “Il mio nome è mai più?”   Non lo sappiamo e non vogliamo neanche immaginare se gli artisti citati avrebbero subito censura o pressioni, ma ci piace ricordare che la libertà di espressione è un diritto inalienabile dell’uomo, un diritto che, come recita la nostra carta costituzionale, può essere esercitato in qualunque forma. Un musicista o un cantante lo comunica nel modo in cui sa fare meglio: con la sua arte. Molti artisti sentono un dovere morale nei confronti della società: svegliare le coscienze dal torpore di un Occidentale che pensa di appartenere a un’enclave intaccabile e sicura, e non si rende conto che in quell’ enclave, come diceva Orwell, l’unica libertà è quella di non trasgredire i dettami del grande fratello.     link immagine: https://unsplash.com/it/foto/8Yxkb0SvNEM
Turismo e gentrificazione: il rischio di una napoletanità senza napoletani
Maggio 21
Sebbene il tempo in questi giorni ci stia regalando una Napoli grigia, umida, molto inglese, la sua identità visiva all’estero permane: pizza, spaghetti, sole e la squadra di calcio, questi gli elementi che attirano i turisti. La napoletanità, che attrae più della Cultura stessa (e immensa) che questa città offre, sta conquistando tanti visitatori, anche grazie alla vittoria dello scudetto da parte del Napoli. I festeggiamenti della squadra allenata da Luciano Spalletti hanno infatti puntato ancor di più i riflettori sulla città partenopea. A marzo Demoskopika aveva previsto un incremento significativo dell’apporto turistico in Campania, con circa 20,8 milioni di presenze (+12,3%) e 5,7 milioni di arrivi (+13,1%), rispetto all’anno precedente. Questi dati comportano una riflessione su una serie di questioni fortemente attuali. Da un lato, questa maggiore riconoscibilità e visibilità di Napoli all’estero, e non solo, va ad alimentare un bisogno espresso dal concetto dell’antropologia demartiniana di “presenza” di un popolo sempre relegato ad un luogo che fatica ad emergere. Dall’altro lato, però, l’arrivo di queste orde di turisti, e il conseguente allontanamento di molti residenti dai luoghi di interesse, in particolare dal centro storico della città, finiscono per annullare la partecipazione dei napoletani stessi al concetto di presenza espresso da De Martino. Chi infatti possedeva una o più case nel centro storico di Napoli si è subito reso conto di quanto potesse essere redditizio utilizzarle come appartamenti vacanze. Ciò ha innescato una corsa ai profitti, che ha innalzato il mercato immobiliare. Infatti, secondo alcuni dati della prefettura l’inizio del 2023 avrebbe visto oltre 10.000 sfratti esecutivi, rendendo quindi sempre più difficile la possibilità di trovare case in affitto. Situazione che tra l’altro va anche a scapito di un processo di rivalutazione del territorio: l’aumento dei prezzi rende più difficile la possibilità di trovare casa, da parte di famiglie, giovani lavoratori e soprattutto studenti, quest’ultimi fondamentali per determinati processi di rinascita territoriale. Ad aggiungersi alla questione del caro affitti, c’è anche quella riguardante l’occupazione senza limiti del suolo pubblico da parte di ristoranti e bar. Durante la pandemia, infatti, l’impossibilità di stare al chiuso ha permesso, giustamente, a diversi servizi la possibilità di usufruire del suolo cittadino, ma come spesso accade in queste occasioni, la situazione è ora degenerata, rendendo i quartieri dei luoghi di aggregazione culinaria a cielo aperto (rendendo così anche fisicamente difficile il passaggio di pedoni e auto). Questo meccanismo speculativo ha allontanato sempre di più gli abitanti dalla propria città, ponendo molte persone in difficoltà economica e lavorativa, in una condizione di emergenza abitativa e a costringerli a lasciare il centro della città, che fino a qualche anno fa era una delle zone economicamente più accessibili. I flussi turistici hanno accelerato un processo di gentrificazione, favorito anche dalla globalizzazione. “Gentrificazione” è un “termine coniato nel 1964 da Ruth Glass, con il quale si intende quel fenomeno di “rigenerazione e rinnov”amento delle aree urbane che manifesta, dal punto di vista sociale e spaziale, la transizione dall’economia industriale a quella postindustriale”. Tale fenomeno nel tempo sta modificando la fisionomia e l’essenza abitativa della città di Napoli. In particolare, i luoghi che caratterizzavano culturalmente il centro storico, come librerie e bancarelle di libri su via Port’Alba, sono e stanno man mano scomparendo per far posto a bar, ristoranti, negozi o posti di intrattenimento ludico. È emblematico il caso di due dei cinema storici di Napoli, come il Metropolitan, sito in via Chiaia, che ha appena chiuso i battenti per far spazio ad un’incerta sala Bingo e l’Arcobaleno, nel quartiere Vomero, che ha abbassato le saracinesche proprio durante la pandemia per poi riaprirle sotto forma di uno shop totalmente Made in China. È chiaro che da un lato un processo di gentrificazione può aiutare una città come Napoli a diventare anche più sicura sotto determinati aspetti, quali ad esempio quello della microcriminalità, ma è anche vero che tutti quegli stereotipi (giusti o sbagliati che siano, ma questo è in discorso che va affrontato in un’altra sede) che attirano tanto i turisti e che trasmettono all’estero l’idea di una napoletaneità, spesso trasformata in una mera macchietta, la quale sta scomparendo insieme agli stessi abitanti della città, costretti a trasferirsi nelle periferie.  Inoltre, se prima non siano stabiliti dei piani di gestione concreti, di tutela del territorio e dei cittadini, si rischia di far crollare un castello di carta a causa della mancanza di servizi e infrastrutture adeguate. Esse servirebbero infatti non solo ad accogliere i numeri eclatanti di visitatori, ma anche a rendere la vita nelle periferie accessibile a tutti. Ora non è più il caso di arrangiarsi, ma di costruire situazioni stabili in grado di rendere Napoli una vera metropoli.
Il cinema distorto ed assurdo di Quentin Dupieux
Maggio 20
Quentin Dupieux (Parigi, 14 aprile 1974) conosciuto anche come Mr. Oizo nel mondo della musica elettronica, ha iniziato la sua carriera come musicista, producendo musica e remixando brani per vari artisti. Successivamente si è interessato al cinema, iniziando a dirigere cortometraggi e video musicali. Nel corso degli anni ha costruito una carriera unica nel panorama cinematografico contemporaneo, grazie alla sua visione del mondo distorta e iperbolica.Il suo stile distintivo si caratterizza per l'umorismo surreale, per trame apparentemente insensate e non convenzionali, con ambientazioni e atmosfere stravaganti.Gli spettatori sono immersi in situazioni che sfidano le logiche umane, accompagnati da personaggi eccentrici, protagonisti di gag e dialoghi paradossali, sempre ossessionati da qualcosa.Dupieux fa leva su una comicità che lascia lo spettatore interdetto ed anche sconcertato, perché tutto risulta imprevedibile, inatteso e folle.Oltre alla regia, compone anche le colonne sonore dei suoi film, scegliendo con cura le tracce in modo da permettere una totale fusione e coesione tra immagine e musica. La filmografia di Quentin Dupieux include una serie di film notevoli, ma quello che incarna meglio il suo stile è "Wrong" del 2012. È la storia di un uomo che ha perso il suo cane e nel tentativo di ritrovarlo si imbatte in personaggi ed eventi assurdi. Come dice il titolo del film, non c'è niente di giusto nella storia raccontata, è tutto sbagliato, a partire dall'orologio che segna le 7.60. I personaggi sono soggetti fastidiosi ma allo steso tempo fanno compassione e divertono; il protagonista è un perdente che prova a mantenere una parvenza di normalità in un mondo completamente al contrario. Dupieux analizza la monotonia della quotidianità, stravolgendola attraverso una narrazione non lineare ed un umorismo grottesco, con discussioni filosofiche stranamente coinvolgenti. Uno dei lavori più iconici di Dupieux è però "Rubber" del 2010: la storia di un copertone di gomma che prende vita e grazie a poteri telecinetici diventa un assassino seriale. Il film dall'inizio mette in guardia il pubblico, con il personaggio di un poliziotto che esce dal bagagliaio della volante e si rivolge direttamente allo spettatore affermando: "Tutti i grandi film, senza eccezione alcuna, contengono un importante elemento di "nessun motivo". E sapete perché? Perché la vita stessa è piena di cose "per nessun motivo". Questo è l'essenza stessa dei film di Dupieux e con questa opera vuole scimmiottare i cliché dei film horror. Interessante è considerare l'aspetto meta-cinematografico del film, poiché le azioni omicide del copertone sono osservate da un gruppo di spettatori che verranno poi coinvolti in una situazione spiacevole. Il 5 settembre 2020 venne presentato fuori concorso alla 77ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia "Mandibules", uno dei suoi lavori che ha ottenuto una grande attenzione a livello internazionale. La trama segue due amici, Jean-Gab e Manu, che scoprono un'enorme mosca nella loro macchina e decidono di addomesticarla per poterci guadagnare. Intraprendono così un viaggio fatto di assurdità, comicità nera e tenera umanità, lasciando lo spettatore in balia di sentimenti contrastanti e con il compito di trovare un'interpretazione personale a ciò che ha appena visto.L'ultima opera di Dupieux è "Fumer fait tousser" (Fumare fa tossire) del 2022: l'onirica storia della Tabacco Force, composta da Benzene, Nicotina, Ammoniaca, Mercurio e Metanolo, improbabili supereroi che sconfiggono mostri facendoli esplodere di tumori. In una pausa tra una missione ed un'altra, si riuniscono in un campeggio improvvisato, ed iniziano una sessione di "piccoli brividi", raccontandosi storie dell'orrore splatter ed eccentriche. Il film prende volutamente in giro il genere supereroistico, ormai totalmente inflazionato, e ha come unico scopo quello di divertire lo spettatore, a patto che sia pronto ad accettare il mondo contraddittorio del regista. Dupieux è da considerarsi uno dei registi più originali e visionari del cinema contemporaneo, perché riesce a creare sempre delle esperienze cinematografiche stravaganti fuori dal comune e provocatorie, giocando con la percezione della realtà e spingendo gli spettatori a interrogarsi sui confini tra il reale e l'immaginario.
Due vite, two flags: cosa cela il gesto di Marco Mengoni all’Eurovision 2023?
Maggio 19
Come ogni anno, anche quest'anno si è tenuto l'Eurovision Song Contest. La 67ª edizione del concorsocanoro si è svolta presso la Liverpool Arena nel Regno Unito, dal 9 al 13 maggio 2023. Sebbene la vincitricedi quest'anno sia stata la cantante svedese Loreen con la canzone "Tattoo", anche l'Italia ha avuto un ruolodominante e si è fatta sentire. In primis, perché il nostro rappresentante era il grande Marco Mengoni, checon la sua voce limpida ed emozionante ci ha regalato il 4° posto con il brano "Due Vite" ed è stato premiatodalla critica con i Marcel Bezençon Awards. La sua partecipazione, però, ha provocato un grande eco anche perché, nella serata finale del 13 maggio durante la presentazione degli artisti, il cantante di Ronciglione ha voluto portare con sé, oltre alla bandiera italiana Tricolore, anche la Pride Progress Flag per i diritti della causa LGBTQIA+.   La bandiera esibita, in realtà, presentava 5 colori in più: il bianco, il rosa, l'azzurro, il marrone e il nero. Questa è stata disegnata dal graphic designer Daniel Quasar per rendere la celebreRainbow Flag ancora più inclusiva. Le nuove strisce colorate sono dedicate alla comunità di colore, a quella transgender, ai malati di Hiv e a chi si è sacrificato per portare avanti la battaglia dei diritti.   La decisione di sventolare entrambe le bandiere ha trovato consensi nel pubblico e sui social. Questo anche perché, su Twitter, Marco Mengoni ha scritto: "Due Vite, two flags", alludendo alla connessione tra il gesto compiuto e il titolo della canzone che ha presentato. Tutto ciò non è passato inosservato in Italia, ma anche all'estero; sui social infatti sono state migliaia le ricondivisioni e i commenti di apprezzamento al gesto del cantante italiano che ha condiviso un messaggio importante, che porta l'attenzione sull'inclusività e sulla battaglia per i diritti.   Tra i principali commenti al suo post troviamo, ad esempio: "Tanta stima per chi nonha timore di esporsi, nulla è dovuto o scontato. Se vogliamo una società che rispetti le persone, nondobbiamo smettere di pretenderlo". Mario Colamarino, presidente del Circolo di Cultura OmosessualeMario Mieli, commenta invece dicendo: "Ringraziamo Marco Mengoni per un gesto che ci ha molto colpiti.Brandire la Rainbow Flag è un atto di supporto nei confronti del movimento LGBTQIA+, motivo di orgoglioper la responsabilità che ne consegue".   Il 17 maggio è stata la giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia e senza dubbio parlarne e ricordarlo è necessario al fine di intervenire per contrastare ogni tipo di discriminazione. Quest'anno, per la prima volta, il Parlamento Europeo ha condannato i membri dell'attuale governo italiano per retorica anti-LGBTQIA+. Secondo Ilga-Europe, l'Italia è uno degli ultimi paesi d'Europa per rispetto delle persone LGBTQIA+ e uno degli ultimi paesi d'Europa a non avere una legge contro l'omotransfobia.   In una tale situazione è evidente che parlare del rispetto dei diritti umani non basta ed è necessario agire. Un gesto come quello compiuto da Marco Mengoni, dunque, vale molto più di quanto possa sembrare. Non ha portato sull'Arena di Liverpool solo una canzone coinvolgente, ma anche una riflessione sui temi in cui crede come l'amore, l'uguaglianza e il rispetto. Manda un messaggio carico di significato ad un ampio pubblico, comunica che non tutti in Italia la pensano allo stesso modo sull'omotransfobia e che la libertà di pensiero e di espressione deve essere più forte della tracotanza di potere. Spesso c'è chi si dice attivista e più raramente c'è chi l'attivismo lo pratica; il nostro Marco Mengoni ha deciso di praticarlo tramite il gesto più semplice ma anche più potente possibile in un contesto internazionale come quello dell'Eurovision.

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