Colombia: una speranza di pace

Venerdì, 14 Ottobre 2016 16:26
  

Finalmente la Colombia sia avvia verso una nuova storica fase, poiché il presidente Juan Manuel Santos e il leader delle Farc Timoleón Jiménez sono intenzionati a porre fine ai contrasti armati che logorano il paese da più di cinquant'anni. Il percorso verso una pace stabile sta risultando difficile perché nonostante le buone intenzioni abbiano portato ad un primo accordo verso una realtà così desiderata, il risultato del referendum popolare sugli accordi sottoscritti mostra un popolo sospettoso che alle urne ha fatto prevalere, seppur di poco, il “No”. Ma come afferma il Presidente colombiano: «quello che il “No” ha respinto è un accordo di pace specifico, non il desiderio di pace».

Infatti la vittoria del “No” non nasce dalla preclusione ad un processo di pace, ma dalla paura che le Farc possano diventare una sorta di “narcopartito”e dall'indignazione dovuta al fatto che Santos abbia concesso troppo ai guerriglieri: un'amnistia totale sul passato e duecento euro mensili per due anni ad ogni combattente che avesse accettato di abbandonare le armi. Il fronte del ”No” non ha vinto per sete di vendetta, ma per sete di giustizia, poiché le ferite del passato sono ancora aperte.

Il 27 maggio del 1964 è la data ufficiale della nascita delle Farc-EP ed è l'inizio di un conflitto lungo e sanguinoso che segnò il suo esordio con la cruenta repressione da parte dello Stato colombiano verso contadini che avevano tentato un'auto-organizzazione agraria. Furono i dollari americani, accettati dal governo colombiano, ad accendere la miccia e a dare luogo ad un incendio ancora oggi difficile da spegnere. Quella società ʺsocialistaʺ non preoccupava il governo centrale, al potere nei grandi centri urbani, ma preoccupava gli Stati Uniti che, da dietro le quinte, orchestrarono un piano per contrastare l'avanzata comunista. Il risultato di questa operazione fu la nascita di una guerriglia, che si definiva forza armata rivoluzionaria comunista di ispirazione marxista-leninista-bolivariana, a cui aderirono da subito altri strati della società colombiana con l'intento di dare una risposta politico-militare ad un ″regime sfruttatore, corrotto e tollerante solo verso la borghesia e verso i terratenenti mafiosi”.

Purtroppo questo movimento, nato con lo scopo di salvaguardare gli interessi dei contadini dagli abusi della classe dominante, diventò presto violento poiché utilizzò tecniche estorsive anche nei confronti di chi avrebbe dovuto proteggere. Nel corso degli anni furono compiuti attentati anche contro civili, rapimenti di bambini, sottoposti poi a reclutamento forzato, rapimenti a scopo estorsivo o come dimostrazione della propria forza, come avvenne con il rapimento di Ingrid Betancourt protratto per sei anni. In più i proventi dei riscatti e delle tassazioni imposte alle comunità sotto il loro controllo si sbiadivano alla luce degli introiti provenienti dalla droga. Tuttavia se si etichettano le Farc solo come un'organizzazione terroristica, come dovremmo etichettare quelle bande di paramilitari che hanno colpito i civili indiscriminatamente e come l'atteggiamo supino del governo colombiano nei confronti dei bombardamenti americani sulle coltivazioni che hanno affamato migliaia di contadini?  

Quindi fa discutere la non condivisione del premio Nobel con il leader dei guerriglieri delle Farc, così come sottolineato da Ingrid Betancourt, poiché ambedue i rappresentanti delle opposte fazioni si sono impegnati per giungere ad un accordo: si spera solo che il premio Nobel sia da augurio verso una risoluzione pacifica di una situazione in costante evoluzione e che questo conflitto non prosegua all'infinito come è accaduto tra Palestina ed Israele.  

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