Fidel Castro: Luci ed ombre del Lider Maximo

Domenica, 27 Novembre 2016 16:39
  

Hasta la victoria siempre. Con questo slogan Raúl Castro ha concluso il suo discorso di commiato per il fratello Fidel, scomparso Sabato all'età di 90 anni. Quasi come un presagio, il leader guerrigliero, lo scorso aprile al congresso del partito comunista cubano, si era congedato dicendo: ”Presto sarò come gli altri, arriva il turno di tutti”.

È venuto a mancare l'ultimo personaggio che nel bene o nel male ha caratterizzato la storia del secolo breve; un personaggio di cui si può dire tutto e il contrario di tutto, ma che inevitabilmente ha segnato le pagine della storia, poiché il suo operato ha inciso fortemente sulle dinamiche geopolitiche internazionali.

Nato il 13 agosto 1926 a Birán, da una famiglia benestante che gli permise di portare avanti gli studi e laurearsi in legge, ebbe una formazione culturale che lo portò a candidarsi alle presidenziali del 1953, progetto naufragato a causa del golpe di Fulgencio Batista che, appoggiato dagli americani, si appropriò del destino dei cubani.

Castro denunciò Batista in tribunale per violazione della costituzione, ma poiché la sua petizione venne rigettata, organizzò un infruttuoso assalto armato alla caserma della Moncada, in seguito al quale venne arrestato e condannato a quindici anni di prigione.

La sua visione politica, gli ideali che lo avrebbero mosso in futuro verso la guerriglia erano proprio illustrati nell'arringa finale del discorso con cui difendeva le sue azioni e le assolveva dicendo: «La storia mi assolverà».

Dopo solo 2 anni, nel 1955, in seguito ad un'amnistia generale, si recò in esilio in Messico, dove conobbe Ernesto Guevara. L'anno dopo riuscì a tornare clandestinamente a Cuba assieme ad una ottantina di uomini, tra cui lo stesso “Che” e il fratello Raúl con l'intento di organizzare la rivolta contro Batista. Le sue gesta innestarono nella popolazione una volontà di riscatto che portò ad ingrandire le fila dell'esercito rivoluzionario. Batista fu finalmente cacciato nel 1958 e da quel momento la storia di Cuba prese un'altra direzione.

Gli Stati Uniti reagirono con l'embargo e tentarono più volte di rovesciare il regime castrista, il tentativo più famoso fu lo “Sbarco alla baia dei porci” che però l'esercito cubano riuscì a fermare.

Castro è stato l’artefice di una riforma agraria con la quale le grandi proprietà terriere furono redistribuite in favore dei contadini, di una campagna di alfabetizzazione dall’importante valore culturale. Sotto la sua dittatura sono state costruite strutture statali, come scuole e ospedali, e a difesa della rivoluzione furono create strutture paramilitari, come la Milizia Popolare, che, in caso di aggressione da parte di un esercito straniero, poteva mobilitare in poche ore uomini, donne, ragazzi e ragazze.         

Qualcuno lo ricorderà come un rivoluzionario, qualcun altro lo ricorderà come un semplice dittatore, ma la verità è che senza di lui non ci sarebbe mai stata la ribellione di un popolo che si sentiva oppresso dalla la presenza ingombrante dello zio Sam. Senza di lui Lula in Brasile e Chávez in Venezuela non avrebbero mai provato a dar vita ad una loro via al socialismo per contrastare l'ideologia dominante del dopo 1989: il capitalismo ultra liberale. Ma sopratutto, senza di lui, Cuba non sarebbe mai stata l'ombelico del mondo, oggetto strategico di contesa tra USA e URRS. Un osservatore particolare come Giulietto Chiesa, via FB ha definito Castro come: «Uno di quegli uomini capaci di esprimere il sentimento profondo del suo popolo. Un "creatore", al tempo stesso, del suo popolo. Ha dato a Cuba l'orgoglio di una nazione».

Gli oppositori del Lider Maximo invece l'hanno sempre criticato ferocemente, denunciando  repressioni da lui imposte verso di ogni forma di dissenso politico. Infatti non si devono dimenticare le censure operate sulla stampa, le molteplici epurazioni tra cui, più famose, quelle di Ochoa e Tony de la Guardia, servite sopratutto a terrorizzare chi non era mai stato fautore di quel regime o chi iniziava a criticarlo.

Migliaia di dissidenti, fuggiti nel corso degli anni verso gli Stati Uniti, oggi festeggiano la morte di colui che è stato ai loro occhi un feroce tiranno, colpevole di pensare più al proprio interesse che a quello dell'isola; un'isola che si è impoverita sempre di più poiché  un turismo selvaggio, voluto da Castro, per risollevare l'economia, ha arricchito solo gli speculatori e non ha portato benefici ai suoi abitanti. Non si è fatto a lungo attendere Matteo Salvini, che ha annunciato la notizia via Facebook con queste parole: "È morto Fidel Castro. Un dittatore in meno. La pietà cristiana si deve a tutti, certo, ma con tutti i morti che ha sulla coscienza, oggi non piango di sicuro. Viva la Libertà".

Ma cosa è rimasto della favola cubana scritta da Castro? Niente. Era nata con l'intento di dare dignità ad un popolo, ma la deriva dittatoriale non l'ha permesso; già il dopo Fidel, con Raúl al potere, sembra mostrare una Cuba più aperta e più moderata. Chi prossimamente andrà al potere userà le redini per favorire uno sviluppo economico che non sia però a discapito degli interessi generali? Questo non possiamo prevederlo, ma possiamo solo sperare che Cuba non finisca come quelle nazioni che hanno avuto un dittatore e che, alla sua morte siano state liberate da qualcuno che ha pensato di esportavi la solita buona democrazia.

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