Chi si aspettava Hillary Clinton come nuovo presidente degli USA deve aver avuto un brutto risveglio lo scorso Mercoledì 9 Novembre, perché le elezioni non le ha vinte lei, ma Donald Trump. Il Tycoon americano non ha solo trionfato nelle roccaforti repubblicane, quali Texas, Tennesse, Alabama, South Carolina, ma è riuscito anche ad avere l'appoggio di milioni elettori provenienti dall'Ohio, dalla Florida, dal North Carolina e dalla Pennsylvania, andando contro le aspettative di chi preannunciava una possibile vittoria della signora Clinton.
Il primo a mettere in discussione la validità dei sondaggi è stato proprio il neopresidente che in questi mesi ha più volte sostenuto che gli stessi fossero manipolati dalle grandi lobby legate all'ex first lady e che, in caso di sconfitta, avrebbe fatto ricorso.
Ma come funzionano le elezioni negli Stati Uniti?
Possono votare tutti i cittadini americani che hanno compiuto 18 anni e che sono iscritti nelle liste elettorali, ma a differenza di ciò che accade in Europa, essi non sono chiamati a votare il presidente, bensì i 538 Grandi Elettori riuniti a Washington, i quali a loro volta votano il futuro Presidente; per decretare la vittoria di un candidato presidenziale bastano 270 voti.
Paradossalmente, poiché il sistema elettorale è indiretto, la Clinton ha perso nonostante abbia avuto 170 mila voti in più rispetto a Trump.
Alle elezioni presidenziali americane 2016 non hanno concorso solo Hillary Clinton e Donald Trump, ma anche altri candidati tra cui Gary Johnson che, a detta dei sondaggisti, avrebbe dovuto intercettare il voto di protesta e sarebbe stato l'ago della bilancia nella sfida tra repubblicani e democratici.
Ma come ha fatto Trump a vincere a mani basse in una nazione in cui dilaga la depressione e la difficoltà economica? Per Micheal Moore Trump avrebbe vinto perché rappresenta “l'ultimo baluardo dell'uomo bianco”, cioè colui che avrebbe scongiurato un futuro dominato da presidenti neri, donne e gay, e scongiurato la vittoria di un candidato sorretto dalle grandi lobby e dalle élites finanziarie propense ad un paese aperto al libero scambio (TTIP) e ad un intervento militare in Siria.
Ma Trump non è certamente scevro da difetti e su di lui si può dire tutto e il contrario di tutto.
Infatti in campagna elettorale aveva annunciato di voler restituire all'America la grandezza di un tempo, dichiarando guerra alla corruzione e limitando il numero di mandati di Camera e Congresso, di voler rinegoziare i termini del trattato di libero scambio Nord americano (NAFTA), di voler erigere un muro per limitare l'accesso ai Messicani e naturalmente abolire le riforme di Obama.
Non sappiamo come Trump si comporterà in politica estera, ma è anche vero che i repubblicani sono molto più reazionari rispetto a vent'anni fa. La storia ci insegna che furono due repubblicani, Nixon e Reagan a cercare un dialogo con l'orso bruno russo ed è quello che dovrebbero augurarsi i pacifisti e l'establishment europea; infatti l'augurio è quello che in futuro si passi da una governance mondiale polare ad una bipolare che permetterà all'Europa di pesare sempre di più nelle strategie mondiali.