Alla ricerca della verità perduta

Domenica, 06 Novembre 2016 15:12
  

Non pensiate che le olimpiadi si disputino ogni quattro anni: giornalmente assistiamo alle gare dei politici che tra di loro entrano in competizione millantando promesse che spesso lasciano il tempo che trovano.

La casta dà luogo ad un osceno teatrino perché pensa che solo in questo modo possa creare consenso e mantenere il potere, che si sa "logora chi non ce l’ha”.

La classe politica non può vivere in un mondo astratto, parallelo a quello reale, perché lontano dai problemi dei cittadini: il patto sociale di cittadinanza si fonda sul presupposto che chi governa deve amministrare al meglio la res pubblica, senza aspettarsi uno scambio perverso che si chiama voto. Oggi sembra che lo scopo della politica sia limitato al perseguimento di interessi personali e non concentrato sulla soluzione dei problemi della gente: lavoro, case, scuole, sviluppo…

In passato buona parte dei cittadini credeva in tutto ciò che la classe politica propagandava, ma oggi attraverso i vari circuiti mediatici si conosce bene il valore di ciò che viene detto, le parole vengono analizzate e, in molti casi, criticate. Da tutto ciò è nata una sorta di primavera mentale, scaturita da una consapevole partecipazione attiva che cerca di incidere fortemente sul lavoro dei politici per vedere rispettati i diritti propri e quelli altrui: un percorso entusiasmante e utile per cambiare le cose. È proprio grazie alla mobilitazione cittadina che sono state vinte grandi battaglie come quella contro il nucleare.

Possiamo ancora credere alle dichiarazioni di impegno dei politici? Quante sono state le promesse fatte in passato e poi realmente rispettate e mantenute? Quante volte abbiamo sentito che si dovevano privilegiare determinate categorie, che si sarebbe ridotta la disoccupazione, che si sarebbero fatti appalti importanti, lottizzazioni, piani urbanistici, che sarebbero stati erogati nuovi fondi per la scuola, per la sicurezza e la salute dei cittadini…  

Senza andare troppo lontano riflettiamo sull’ultimo ventennio, anni in cui le parole al vento non sono mancate.

Ricordiamo la madre di tutte le promesse. È datata 24 febbraio 1994, giorno in cui Silvio Berlusconi promise in TV un milione di posti di lavori, ma nel 1995 gli fece eco Romano Prodi che promise di far diventare il Sud la nostra Florida.

Diversi ministri, tra cui Enrico Micheli, Antonio Di Pietro, Pietro Lunardi, Corrado Passera si sono spesi per quella che sarebbe dovuto diventare L’Autostrada più lunga d’Italia, ma la Salerno-Reggio Calabria è ancora lì, con i soliti lavori in corso, che vanno avanti col contagocce e rigorosamente durante il periodo estivo, quello più critico per l'enorme flusso di auto che la attraversano per raggiungere le località balneari. E che dire sull’ultimo governo tecnico che promise sviluppo ed equità in cambio di lacrime e sangue: agli esodati sono rimaste solo le lacrime.

Infinite sono anche le promesse che Renzi non ha mantenuto, una fra tutte quella di voler allontanare i partiti dalla Rai, eppure dei sette membri che siedono nel consiglio di amministrazione, quattro sono eletti da Camera e Senato, due nominati dal governo ed uno è designato dall’assemblea dei dipendenti. All’indomani del terremoto il governo ha insistito per una ricostruzione “dov’era e com’era”, ma ciò implica il bisogno di una politica difficile, faticosa, ma sopratutto fruttuosa perché questa volta ci aspettiamo che non disattenda le promesse e alle parole faccia seguire i fatti. Staremo, per l'ennesima volta, a vedere. 

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