Il Carisma di Totti contro l'Autoritarismo di Spalletti: una doppietta che suona come una dichiarazione di guerra

Venerdì, 22 Aprile 2016 00:00
  

I due gol segnati in tre minuti dal capitano giallorosso contro il Torino non hanno commosso il presidente Pallotta come hanno fatto con la curva Sud dell'Olimpico. Infatti, come riferito da Sky, la dirigenza non cambia idea: il futuro di Francesco Totti, che si allena a Trigoria in prima squadra dal 1992, dall'anno prossimo sarà dietro una scrivania, se lui lo vorrà.

 

Il disagio cresce a Roma, e mentre Pallotta riafferma la sua posizione, ma lascia Spalletti completamente solo a farsi sbranare da tifoseria e critica sportiva, Totti ribalta una partita lasciando il tecnico toscano a grattarsi il capo quasi a domandarsi:«E mo che faccio?» Eh già! Perché se lasciasse che il Pupone rinnovi il contratto farebbe capire a tutti chi comanda nello spogliatoio, perdendo qualsiasi autorità, ma se non gli offrono il rinnovo non solo entrerebbe nella storia come l'allenatore che ha cacciato la più grande bandiera romana della storia, dato che la dirigenza si guarda bene dall'esporsi, ma sarebbe costretto ad operare in un ambiente in cui lo spettro del capitano lascerebbe rimorsi e rancori ad ogni difficoltà, con una tifoseria poco avvezza alla comprensione.

 

Eppure la domanda è semplice: Totti è utile alla Roma? Ovviamente sì, è difficile negarlo di fronte alle recenti prestazione di Francesco; lo pensava già Garcia, sotto la cui gestione il minutaggio lievitò, ma gli costò un infortunio serio e prestazioni altalenanti. E così sembra pensarla pure Luciano Spalletti, che da esperto allenatore qual è lo dosa bene, lo mette solo in quei pochi minuti in cui è completamente esonerato da compiti difensivi, affidandogli le chiavi delle gestione della fase offensiva quando la difesa avversaria è schierata e gli spazi sono pochi.

 

Se la gestione dell'idolo romano è addirittura migliorata dal punto di vista calcistico, quale è il problema? La gestione Spalletti si caratterizza per una presenza forte, la sua autorità deve essere indiscutibile, pretende il meglio in ogni occasione, e a volte non basta nemmeno: la sua rabbia è esplosa anche quando i suoi undici sono stati protagonisti di una bellissima prestazione, come al Bernabeu.


Lui è il padre padrone, la sua figura deve essere l'unica di riferimento nello spogliatoio e in campo, l'emotività deve lasciare il posto alla disciplina, e in questo senso Totti, capitano dal 1998, definito «Dio del Calcio» da Riise, dagli ultras giallorossi e persino da qualche critico sportivo, è un ostacolo insormontabile, specialmente se il capitano non è disposto a cedere autorità.

 

O va via Totti, o va via Spalletti, la coabitazione sembra utopia a questo punto.

 

Spalletti ha fatto male i conti, è evidente, voleva riformare la squadra. Magari ha preso spunto dal caso Del Piero, uscito dalla Juventus il 30 Giugno 2012, ma non ha considerato che la Roma e la Juve sono società molto diverse con tifoserie molto diverse, come sono diversi Totti e Del Piero per il peso relativo nelle rispettive rose.

 

Del Piero

 

Da un punto di vista societario, basta ricordarsi che fu Andrea Agnelli, con la complicità di Conte, a silurare il Pinturicchio di fronte ad una gelida assemblea degli azionisti, con un secco«:Questo sarà il suo ultimo anno alla Juve», affermazione che non accetta compromessi, mentre Pallotta a confronto sembra mancare di coraggio, difatti sposa il progetto di Spalletti a gennaio di quest'anno. D'altronde anche lui vuole segretamente liberarsi del capitano giallorosso, ma invece di proteggere il suo tecnico, come dicono i burocrati, cerca di non inimicarsi spogliatoio e tifoseria come un novello Don Abbondio: questo rinnovo non s'ha da fare... lo ha detto Spalletti. L'altra differenza è culturale, i supporters bianconeri idolatrano in misura molto minore i propri campioni, basta guardare a quanti giocatori dalla vita breve è stata concessa la numero 10, inoltre sono molto più fiduciosi nella società e nei suoi progetti, probabilmente perché molto più abituati a vincere, difatti hanno lasciato che Alex Del Piero venisse accompagnato alla porta senza troppe smancerie, con la collaborazione del numero 10 juventino il quale per natura evitava di polemizzare, a differenza di Totti.

 

Il contratto del Pupone scade a giugno di quest'anno, poi è già pronto un contratto quinquennale come ambasciatore del club, ma in caso di rinnovo, secondo me improbabile, Spalletti dovrà decidere se cambiare atteggiamento e dividere la leadership, oppure se andare su lidi più rosei e soprattutto meno affollati. No perché, sinceramente, un'altra stagione così proprio nun se regge come dicono a Roma.

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