Ora et labora, che nel frattempo aspettiamo il miracolo!

Sabato, 07 Gennaio 2017 19:37
  

Papa Francesco, dopo la celebrazione del Te Deum del 31 Dicembre, ha continuato la sua preghiera rivolgendosi ai giovani e asserendo che il mondo è in debito con loro: la società li obbliga a migrare per sfuggire a lavori precari, quando loro diritto sarebbe restare in patria, poiché è nella loro terra che devono realizzarsi.

Se si riflette, le parole preghiera e precariato hanno la stessa radice etimologica, prex, e per assurdo non solo condividono la stessa radice, ma hanno anche un rapporto di subordine, poiché oggi bisogna pregare per cercare un lavoro, pregare per tenerselo stretto e pregare perché sia stabile.

Con un po' di ironia ricordiamo che a Napoli il lavoro precario si chiama “a' fatica”, a differenza del lavoro stabile, chiamato “o'posto”, perché bisogna pregare e “faticare” e per averlo!

Ritornando ad essere seri, rileviamo che anche Mattarella nel suo discorso di fine anno ha sottolineato che la priorità per il popolo italiano è il lavoro; purtroppo sia lui che Napolitano non hanno battuto ciglio nel ratificare il Jobs Act e i suoi decreti attuativi che, grazie anche al fenomeno dei voucher, hanno aumentato maggiormente le insicurezze lavorative.

Eppure la nostra Costituzione si apre proprio con il principio lavorista (L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro [art.1]) e sempre nella Carta, agli articoli 36 e 41, viene sancito per il lavoratore il diritto ad ottenere una paga dignitosa per sé e per la sua famiglia e che l'attività economica, pur essendo libera, non deve essere in contrasto con l'utilità sociale.

Riportiamo qui fedelmente i primi commi degli articoli sopraccitati: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa (36); L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (41).

Chi ha amministrato fino ad ora la res pubblica, convinto che la flessibilità lavorativa giovasse all'economia, non ha tenuto conto dei contraccolpi sulla popolazione-persone e non numeri-che si vede lentamente privata di una continuità lavorativa in favore di lavori temporanei; temporaneità lavorativa estranea ai nostri amministratori poiché il loro scranno è quasi mai vacillante o…precario.

Con il Jobs Act, in un primo momento, gli sgravi fiscali, validi solo per il 2016, hanno incentivato le assunzioni. Nei primi otto mesi dell'anno, c'è stato un rallentamento dei contratti a tempo indeterminato pari -32,9%,  mentre per quelli a tempo determinato c'è stato un aumento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente pari al 2,5%, aumentati infine del 28% i licenziamenti disciplinari.

Ma le insicurezze dei lavoratori, si badi bene, sono antecedenti al Jobs Act; non sono generate solo dalle riforme volute da Poletti né da quelle volute dagli ex ministri Treu e Maroni, ma sono generate dagli antichi mantra del mercato: «Ce lo chiede l'Europa» a cui ha aderito, convinta che non vi fossero altre alternative, la nostra classe politica, che ha favorito indirettamente quelle élites che vogliono un mondo ipercompetitivo, dove gli uni sono contro gli altri.

Proprio questo sta accadendo ai circa 1600 lavoratori di Almaviva che si sono visti privare del loro posto di lavoro, in favore di nuove assunzioni in Romania.

Si erano opposti ai diktat aziendali che volevano più produttività ad un minore costo; già vessati da contratti part-time e salari bassi avrebbero dovuto rinunciare a quei diritti rimanenti in cambio di ulteriori sacrifici, sacrifici imposti da chi ha già delocalizzato creando un clima d'odio tra i lavoratori che sono ridotti a condizioni sempre più servili.

E non è finita qui. Con la sentenza n. 25201 della Corte Costituzionale del 7 dicembre 2016, si sancisce il diritto al licenziamento del personale anche quando un'azienda è in ottima salute. Infatti, in base ad una nuova interpretazione dell'articolo 3 della legge 604/1966 e del primo comma dell'articolo 41 della Costituzione, un imprenditore è libero di organizzare e di regolare il funzionamento della sua attività come meglio crede, quindi è libero di licenziare quei lavoratori che non producono più benefici economici per l’azienda.

A due anni dall’approvazione del Jobs Act, che attribuisce un enorme potere decisionale ai datori di lavoro, il licenziamento, per giustificato motivo oggettivo, potrebbe essere considerato una delle opzioni di libertà dell’imprenditore. Al giudice potrebbe toccare solo il ruolo di verifica delle ragioni del licenziamento!

Dove sono finiti i diritti sociali conquistati dai lavoratori? Poco alla volta ce li stanno togliendo tutti in nome di un “progresso” che permette al potere padronale di massacrare la classe dei lavoratori.

Concludiamo con una nota amara: il governo Gentiloni ha dichiarato pubblicamente di voler continuare il programma del governo precedente. Questa classe politica non ha recepito l'urlo di dolore di quei giovani, specialmente di quelli del Sud, che ne hanno bocciato, con un sonoro NO (vedi Referendum Costituzionale) l'operato. Ma non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire; infatti in pochissimo tempo sono stati utilizzati svariati miliardi per salvare il MPS. Una scelta politica ovviamente, ma guarda caso i soldi non ci sono mai per vere politiche ridistribuite.

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